Un’installazione “chiassosa” che invita al silenzio e alla riflessione, paradosso di un progetto che ha origine da una tesi di laurea e che sbarca alla Biennale di Venezia come denuncia di un problema grave, quello della sovraproduzione di beni e dell’assoluta mancanza di una forte sensibilità verso il riciclo e il riutilizzo. Una mancanza che s’intravvede in diverse parti del mondo, spesso le più popolose, dove gravi disagi e squilibri sociali aggravano la piaga dello spreco perpetrato ai danni di chi ha già poco o nulla.

L’architetto Hugon Kowalsky e il critico d’architettura Marcin Szczelina hanno concepito una struttura che riassume la loro indagine personale. Serve più attenzione al recupero e al riutilizzo di materiali riciclabili per costruire nuove strutture. Un’architettura più sostenibile aiuta a sviluppare una cultura del riuso, per gravare di meno sull’ambiente, sulle risorse naturali ed ottimizzare ciò che già c’è.

Un tema, quello dell’attenzione all’ecosostenibilità e all’incentivo al minor dispendio di risorse ambientali e materiali, storicamente caro a Linea Light Group, sponsor illuminotecnico principale del progetto, i cui prodotti enfatizzano in modo impattante e suggestivo i tratti salienti dell’installazione di matrice polacca.

A illuminarli, i proiettori Eyelet della collezione i-LèD; i faretti Clivo dalle dimensioni contenute, basculanti su staffa; il potente proiettore Angular con sorgente arrayLED dal design semplice e minimale; il proiettore Vektor con arrayLED e ottica con sistema di sagomatura della luce; Pound, uno dei proiettori più rappresentativi della collezione i-LèD dotato di sorgente luminosa arrayLED.