Cosa significa parlare? La domanda si fa ancora più interessante se quel 'dire' diventa scritto perché i toni della voce, le intenzioni di chi comunica e il contenuto del messaggio possono essere rappresentati.
È l’arte tipografica, eccellente strumento di comunicazione e straordinario mezzo creativo per la divulgazione.
A mettere in mostra le meraviglie del mondo tipografico è Merano Arte con due esponenti eccezionali, tanto mici quanto diversi nelle loro esperienze professionali, Heinz Waibl e Siegfried Höllrigl, che si incontrano nella cittadina alpina, ma soprattutto in un fare poetico che è tipografico: creano le typoesie.
Tra poesia e architettura sta anche il fotografo bolognese Gianluca Pollini che racconta una metafisica reale in scatti diurni dal sapore onirico in una mostra a Milano.
Sempre a Milano, ha appena inaugurato una mostra dedicata a Sally Gabori, meravigliosa artista Kaiadilt, una delle ultimissime popolazioni indigene dell’Australia costiera a entrare in contatto con i coloni bianchi. Le sue tele gigantesche sono potentissimi ritratti astratti della sua terra, interiore e geografica.
Una scoperta sensazionale quella dei suoi lavori pittorici, offerta da Triennale in collaborazione con Fondation Cartier.
A parlare di terra e di natura pensa anche un artista speciale come Alex Cecchetti che è anche poeta, giardiniere e narratore.
Soprattutto di un’ecologia da attuare come fa con la sua opera site specific per gl spazi Forof a Roma.
Infine, JR. L’artista parigino dello street art partecipato approda a Torino con la sua prima personale italiana: le grandi tematiche del presente sono esposte a Gallerie d’Italia. Con l’obiettivo di dire a tutti che l’arte può cambiare il mondo.
Perché vederle: comunicare è alla base di queste cinque mostre che raccontano mondi, territori, sentimenti, emozioni, giochi e divertimenti. Ma soprattutto l’idea che nella collaborazione, nel mettere in comune l’empatia, si possono fare piccole o grandi rivoluzioni.
Typoésien – Heinz Waibl, Siegfried Höllrigl, Kunst Meran Merano Arte, dal 25/2 al 4 giugno
L’arte della tipografia serve a stabilire relazioni. Lo ha affermato Kurt Schwitters, artista poliedrico e visionario, scrittore provocatore e sperimentatore che ha dato vita a forme di poesia concreta.
Erano i primi anni del secolo scorso e oggi questa dichiarazione sembra più attuale che mai, al punto da esserci assuefatti a questo tipo di comunicazione. Ma a pensarci un momento ci si accorge che in effetti la verbalizzazione di un contenuto che si vuole comunicare si amplia esponenzialmente se si considerano gli altri elementi della comunicazione scritta: la composizione grafica, l’uso dello spazio, la scelta delle forme definite dai diversi caratteri tipografici, il colore…
Allora si entra in relazione con il contenuto e con chi vuole comunicarlo.
Si progetta una pagina, un libro, un volantino esattamente come si progetta una casa o una singola stanza o uno spazio con funzioni diverse. Si progetta anche come dire la poesia. E proprio su questo elemento si sono incontrati (e divertiti) due personaggi apparentemente antitetici tra loro, ma invece uniti da una grande amicizia come Heinz Waibl e Siegfried Höllrigl.
Il primo proveniva dalla tradizione analogica e artigianale del Bauhaus e si era poi dedicato alla comunicazione e al marketing digitali in grandi centri del design come Milano e Chicago.
Siegfried Höllrigl, invece, apriva il suo laboratorio di letteratura, tipografia e grafica nel 1985, quando le tecniche digitali si sostituivano completamente alla composizione manuale dalle tipografie.
Aveva acquistato attrezzature di stampa in disuso con cui si è poi affermato a livello internazionale per le sue edizioni realizzate a mano. I due si trovavano a Merano dove, nel laboratorio Offizin S. di Höllrigl, sperimentavano diverse tecniche di stampa.
Proprio lì sono nate le 'typoesie' a colori, costituite da stampe materiche realizzate con lettere in legno e piombo. Tipoesie? La parola francese Typoésie unisce tipografia e poesia. Esattamente come nel lavoro che unisce i due creativi.
Che da sabato 25 sono esposti insieme in una doppia mostra ( la prima retrospettiva postuma di Waibl e la più ampia mostra di Höllrigl) con tanto di laboratorio di stampa aperto al pubblico.
A chi piacerà: ai poeti, ai sognatori, ai progettisti del pensiero
Informazioni utili: Kunst Meran Merano Arte, edificio Cassa di Risparmio, Portici 163. La mostra è aperta da martedì a sabato in orario 10 - 18 e la domenica dalle 11 alle 18.
Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori, Triennale Milano, fino al 14 maggio.
Una sorpresa. Quando si varca la soglia dello spazio che Triennale ha dedicato a Sally Gabori, si rimane sbalorditi.
E poi, a poco a poco, si entra dentro quelle tele immense, colorate, dense. Ospitano il visitatore nel mondo, a noi sconosciuto, dei Kaiadilt, una popolazione che vive sull’isola di Bentinck, nel golfo di Carpentaria, al largo della costa settentrionale del Queensland, in Australia.
È quella la terra della pittrice, donna Kaiadilt come svela il suo nome: Mirdidingkingathi Juwarnda è, come vuole la tradizione, composto dal luogo di nascita e dall’animale totemico della persona.
Nel caso di Sally Gabori, il luogo è Mirdidingki, una piccola insenatura situata a sud dell’isola Bentinck, e il suo 'animale totem' è lo juwarnda, ossia il delfino. La vita di questo popolo è segnata gravemente dalla storia recente. Sono loro gli ultimi aborigeni dell’Australia costiera ad entrare in contatto con i coloni europei.
Dall’inizio degli anni ‘40 in poi, i missionari presbiteriani che nel 1914 si erano stabiliti sull’isola Mornington, a nord dell’isola Bentinck, tentarono senza successo di convincere i Kaiadilt a unirsi alla loro missione.
Tuttavia nel 1948, a seguito di un ciclone e di un maremoto che inondarono gran parte della terra dei Kaiadilt e che contaminarono le riserve di acqua dolce, gli ultimi 63 residenti Kaiadilt sopravvissuti, tra cui Sally Gabori e la sua famiglia, furono evacuati nella missione presbiteriana. Il loro esilio durerà diversi decenni, i bambini furono separati dai loro genitori, fu loro proibito di parlare la loro lingua madre, creando perciò una frattura profonda con la loro cultura e le loro tradizioni.
Qualcosa cambia intorno agli anni ’90 quando, dopo molti anni di lotte, l’Australia ha varato una legislazione chericonoscesse i diritti dei Kaiadilt sulla loro terra permettendo a chi lo desiderasse, inclusa Sally Gabori, di tornare alla loro isola.
La storia, questa storia, è fondamentale per leggere le opere di Sally Gabori, che ha iniziato a dipingere a più di 80 anni per non smettere mai fino alla sua morte, avvenuta nove anni dopo, con un archivio di oltre 2000 tele.
Ha iniziato a dipingere in piccoli formati per poi comporre tele enormi, lunghe più di sei metri, in cui celebra la sua isola. I suoi territori, la sua terra, il suo mare, la nostalgia. Sono opere astratte, ma composte di storie che si sovrappongono, tra tradizioni e violenza, pace, nostalgia, bellezza, natura. Sono colori che creano paesaggi dell’anima dalla profondità impressionante.
Organizzata in collaborazione con Fondation Cartier pour l’art contemporain, questa mostra propone una trentina di dipinti monumentali, ed è stata organizzata in stretta collaborazione con la famiglia dell’artista e la comunità Kaiadilt, inclusi i maggiori specialisti dell’arte e della cultura Kaiadilt.
A chi piacerà: a chi ama conoscere, a chi cerca l’empatia e pensa che l’arte possa cambiare il mondo.
Informazioni utili: Triennale Milano, via Alemagna 6, la mostra è visitabile da martedì a domenica in orario 11 - 20.
Gianluca Pollini, Arquitectonica, Università Bocconi, Milano, fino al 4 aprile
È passata un po’ sotto silenzio questa bella mostra fotografica ospitata negli spazi dell’Università Bocconi come anticipo della manifestazione dedicata alla fotografia a Milano, MIA.
Racconta un fare architettura che narra lo spazio in cui viviamo, lo definisce e lo caratterizza profondamente. Pollini sceglie la metafisica come compagna di giochi in questa esplorazione della luce da imprimere su carta fotografica. È proprio lei, la luce, a disegnare gli edifici e ad esprimere quella meraviglia che l’occhio del fotografo vuole portare in scena.
Uno spettacolo diurno che ha tutte le caratteristiche del sogno.
Così l’EUR disegnato da Marcello Piacentini, ma anche luoghi meno noti come la cittadina, vicino a Ferrara, di Tresigallo, luogo dell’utopia, e molte forme di Aldo Rossi diventano protagonisti del lavoro del fotografo bolognese.
Come scrive Bruno Bandini nel volume che accompagna la rassegna (Pazzini Editore), «È Aldo Rossi che consente a Pollini di ridisegnare la trama nascosta dell’eredità del Moderno, di un razionalismo che affonda le proprie radici negli architetti della Rivoluzione francese, per arrivare a quelle tracce fondative della città che si riscontrano nelle piazze 'metafisiche' di Giorgio de Chirico, così come nella progettazione urbanistica delle 'città di fondazione' degli anni trenta».
A chi piacerà: agli amanti dell’architettura e della fotografia, sempre a caccia di luci e ombre.
Informazioni utili: Università Bocconi, via Sarfatti 25 Milano. La mostra è aperta da lunedì a venerdì in orario 9 - 20 e il sabato dalle 10 alle 18.
JR. Déplacé∙e∙s, Gallerie d’Italia a Torino, fino al 16 luglio 2023
È la prima personale in Italia dedicata all’artista francese JR. Curata da Arturo Galansino, porta in città i lavori di un’artista sempre in bilico tra fotografia, street art e impegno sociale.
I suoi lavori sono diventati di culto proprio per l’impatto che hanno avuto da subito sulla gente, coinvolta a sorpresa su temi importanti e attuali come quelli dei migranti e dei rifugiati, dei poveri e degli emarginati.
A sorpresa, sì, perché le opere di JR normalmente si incontrano per strada e il loro impatto è tale da modificare la percezione dell’urbanistica e dell’architettura di quella porzione di territorio.
Lo stesso succede a Torino, dove una sua opera gigantesca accoglie i passanti in piazza San Carlo.
La mostra poi prosegue all’interno del museo, con l’allestimento scenico di grandi teli dedicati ai bambini incontrati durante le visite nei campi profughi dal Ruanda alla Grecia: si parla di migrazioni forzate.
Cifra fondamentale dell’artista parigino sono le sue azioni di arte pubblica con il coinvolgimento di moltissime persone e spesso l’attivazione di intere comunità, in mostra con un’opera site specific e una video installazione.
Completa il tutto un archivio fotografico dalle zone di crisi nel mondo. Per dire a tutti che l’arte forse può davvero cambiare il mondo.
A chi piacerà: a chi crede nella collaborazione e nelle rivoluzioni dal basso, a chi pensa che l’arte sia un potente collante sociale.
Informazioni utili: Gallerie d’Italia, Torino, piazza S. Carlo 156. La mostra è aperta da martedì a domenica in orario 9.30 - 19.30, mercoledì fino alle 22.30.
Alex Cecchetti. Sortilegio, Forof Roma, fino al 15 aprile
Non si poteva scegliere titolo migliore per questa mostra che conduce lo spettatore nei paesaggi dell’anima di Alex Cecchetti, un viaggio tra il naturale e il fantastico senza soluzione discontinuità.
Come in un sortilegio, appunto, non si distinguono realtà e fantasia, mondo onirico e non, in un viaggio che è esperienziale: la percezione dei paesaggi allestiti negli spazi di Forof è il mezzo di trasporto.
Allora si entra nel sortilegio, che consente al pubblico di immergersi in una dimensione primordiale.
Artista, poeta, giardiniere e coreografo, Cecchetti ha ideato un ambiente sciamanico i cui elementi guidano gli spettatori ad abbandonare se stessi e andare incontro alla Natura.
L’opera, creata appositamente per Forof, è composta di tanti elementi: ci sono suoni, narrazioni e odori per un inno alla natura, un invito a identificarsi con essa e la preghiera di tornare ad amarla.
A muovere l’artista naturalmente è l’urgenza ambientale che stiamo vivendo, la necessità ecologista di salvare il pianeta e - soprattutto - di sensibilizzare quante più persone al problema. Il sortilegio del titolo è anche questo: far scoppiare d’amore per il pianeta il cuore dei visitatori.
A chi piacerà: ai viaggiatori, ai botanici e agli aspiranti sciamani.
Informazioni utili: Forof, Foro Traiano 1, Roma. La mostra è aperta da mercoledì a sabato in orario 11 - 18, domenica solo su prenotazione.