Sei mostre da non perdere e perché andarle a vedere a Lucca, Casale Monferrato, Milano, Bologna, Forlì e Mendrisio

Un ragionamento in sei tappe sull’architettura, sei mostre che raccontano del progettare, del disegnare abiti, ceramiche e città, ma anche oggetti tecnologici, radiografati in forma di pittura e fotografie che documentano, tra il serio e il faceto, il presente e il passato.

Così a Mendrisio, in Svizzera, si va al Teatro dell’Architettura disegnato da Botta per visitare una mostra fotografica con i lavori di Konrad, Linke e Prince, a proposito del rapporto tra architettura, territorio e spazio espositivo; mentre a Milano si guarda l’Iran ritratto dal fotografo Walter Niedermayr che sceglie l’architettura come chiave interpretativa della storia del paese.

A Lucca, la Fondazione Ragghianti mette in scena le ceramiche artistiche di Melotti in un dialogo con designer e artisti che hanno usato quello stesso materiale.

A proposito di dialogo non si può prescindere dall’epocale mostra dedicata al rapporto tra arte e moda a Forlì: un esempio eccellente di esposizione tematica che racconta tre secoli di stile.

Ed è proprio lo stile al centro del lavoro della fotografa Maria Vittoria Bakhaus che a Casale Monferrato espone le sue fotografie sulla moda e oltre questa, tra ritratti, still Life e bizzarrie cromatiche.

Il viaggio si conclude a Bologna con il lavoro dell’artista slovacco Milan Vagač che in forma di pittura ragiona sul rapporto tra l’uomo (di oggi) e la tecnologia.

Perché vederle: la selezione di questa settimana è una versione caleidoscopio del concetto del progettare, oltre ogni categoria: si progetta una forma di comunicazione, uno sguardo sul mondo, un modo di essere. Vedere queste mostre offre spunti interessanti per trovare le proprie risposte al progettare.

What Mad Pursuit. Aglaia Konrad, Armin Linke, Bas Princen, Teatro dell’Architettura Mendrisio, dal 6 aprile al 22 ottobre

Già il luogo che ospita questa mostra merita una visita.

Perché il Teatro dell’Architettura è un edificio disegnato da Mario Botta all’interno del campus dell’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana con l’obiettivo di dare una casa al dibattito internazionale su architettura, città e paesaggio. E in effetti questa mostra va dritto al tema, con i lavori di tre artisti sorprendenti.

Aglaia Kornad, Armin Linke e Bas Prince usano la fotografia per parlare di architettura ma mettono in scena un dialogo tra la foto e il contesto in cui viene mostrata.

Tre i protagonisti, dunque, di queste intersezioni: il rapporto tra fotografia e architettura, lo spazio rappresentato e lo spazio espositivo. Così la Konrad mescola edifici di grandi architetti con quelli anonimi, tutti fotografati in bianco e nero, fino ad ottenere un amalgama coerente ma aliena da qualunque categoria.

Linke fa invece un lavoro di archivio: ripesca scatti realizzati nel mondo durante tutta la sua carriera per creare una nuova narrazione fuori dal tempo e dallo spazio.

Prince, infine, sceglie il dettaglio per parlare di bi e tridimensionalità, trasformando la fotografia in qualcosa di più vicino alla scultura. E il Teatro dell’Architettura diventa casa di questi ragionamenti in forma di foto.

A chi piacerà: è un’esposizione quasi filosofica che piacerà ai teorici, a chi ama l’architettura e la fotografia, in un ragionare sullo spazio.

Informazioni utili: Teatro dell’Architettura Mendrisio, via Turconi 25, Mendrisio (CH), aperto da martedì a domenica in orario 14 - 18, sabato e domenica dalle 10 alle 18.

Fausto Melotti, la ceramica, Fondazione Ragghianti, Lucca, fino al 25 giugno

Era il 1948 quando Carlo Ludovico Ragghianti scriveva, nel catalogo della mostra Handicraft as a fine art in Italy a New York che le arti applicate in Italia erano in tutto e per tutto da considerarsi arte.

Era il primo chiaro dissenso verso una catalogazione rigida e ormai svuotata di significato tra arte 'pura', 'alta' e quella 'bassa', derubricata come semplice artigianato.

Ed è stato anche il primo incontro tra Ragghianti e Melotti che poi sfocerà in una lunga amicizia e che oggi la Fondazione Ragghianti celebra insieme al ventennale della prima edizione del Catalogo generale della ceramica di Fausto Melotti.

Alla mostra newyorkese l’artista era presente insieme ad altri innovatori dell’arte italiana, come Afro e Mirko Basaldella, Pietro Cascella, Filippo de Pisis, Renato Guttuso, Leoncillo e altri ancora.

Questa volta a dialogare con Melotti sono invece artisti e designer con cui è entrato in contatto, direttamente o no: da Giacomo Balla a Lucio Fontana, da Leoncillo ad Arturo Martini, da Enzo Mari a Bruno Munari, e ancora Gio Ponti, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass e molti altri.

Sono quattro le sezioni della mostra che si snodano seguendo un ordine cronologico lungo l’esperienza artistica di Melotti e includono il video “In prima persona. Pittori e scultori. Fausto Melotti” (1984), di Antonia Mulas, che presenta l’unica intervista in cui l’artista, analizzando il proprio percorso e la propria concezione dell’arte, parla della ceramica.

A chi piacerà: agli amanti del design

Informazioni utili: Fondazione Ragghianti, via San Micheletto 3, Lucca, visitabile dal martedì alla domenica, dalle 11 alle 19.

Maria Vittoria Bakhaus. I miei racconti di fotografia oltre la moda, Middle Monfest, Castello di Casale Monferrato, fino all’11 giugno

Maria Vittoria Bakhaus amava così tanto fotografare da aver ritratto anche gli apparecchi fotografici che aveva a disposizione. Still Life di strumenti meravigliosi, dalle Leica fino alle macchine a soffietto che raccontano una storia.

Prima di tutto quella della fotografia dal punto di vista tecnico, ma poi anche quella di Bakhaus stessa che ha sempre giocato con i formati così come con le storie da raccontare.

In questa mostra si attraversa la storia del costume e del design in Italia a cominciare dagli anni 70 per arrivare quasi al presente, lungo un archivio ricchissimo di scatti fuori dagli schemi.

I ritratti e gli still life compongono il puzzle insieme alla moda e al design, da Filicudi a Rocchetta Tanaro, passando per i più grandi marchi del fashion system.

A chi piacerà: agli amanti del design e dello storytelling

Informazioni pratiche: Castello di Casale Monferrato, piazza Castello, aperto sabato e domenica negli orari 10 - 13 e 15 - 19.

Walter Niedermayr, Iran, prima e dopo la rivoluzione, Spazio Ersel, Milano, fino al 30 aprile

L’architettura disegna i luoghi, che a loro volta determinano le architetture.

Se certamente uno stile è capace di raccontare la cultura locale e le vicende che caratterizzano quell’epoca storica e se è vero che le conformazioni geologiche e fisiche del territorio indicano materiali e scelte costruttive, determinando il linguaggio del territorio, è anche vero che architettura può essere politica.

Così Walter Niedermayr documenta nelle sue fotografie il paesaggio urbano moderno, sorto in Iran dopo la rivoluzione islamica del ‘79, per lo più influenzato dall'architettura occidentale. È questa che pervade lo spazio, in forma anonima, in un contrasto insanabile con l’antica storia del Paese.

È un Occidente di facciata, una quinta precaria che in realtà riflette l’ambivalenza tra paesaggio naturale e paesaggio artificiale, in un silenzio quasi irreale, dominato dalla luce chiara di un cielo diafano.

A dire, quasi, che il moderno, qui, serve a nutrire la nostalgia del tempo passato, della ricchissima storia del Paese. Ma anche a riflettere sul tempo presente, sul desiderio di libertà violentemente negato.

A chi piacerà: a chi cerca sguardi sul presente, a chi ama la fotografia sia come strumento documentario sia come mezzo artistico.

Informazioni utili: Spazio Ersel, via Caradosso 16, Milano, aperto dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 18.

L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789 -1968, Museo Civico San Domenico, Forlì, fino al 2 luglio

Una mostra colossale.

Così è stato definito questo viaggio tra arte e moda (e le loro reciproche influenze) lungo tre secoli di storia e 300 opere, tra quadri, sculture, accessori, abiti d’epoca e contemporanei. È la prima esposizione di questo genere in Italia, ma risponde a un’idea di curatela che si sta imponendo in Europa, incentrato sul confronto tematico.

Le opere allora dialogano tra loro e con lo spettatore, in una magia creativa che rende la proposta museale un’esperienza unica. Qui il racconto è quello dello stile, dell’abito che modella, nasconde e promette il corpo, ma anche dell’abito come segno di potere, di protesta, di ricchezza, di appartenenza.

La moda allora viene narrata come opera e come comportamento sociale e l’arte come racconto e sentimento del tempo.

Gli artisti in mostra sono cento, da Umberto Boccioni a Damien Hirst, accanto a 50 stilisti, da Charles Frederick Worth e Mariano Fortuny fino a Balenciaga e Yohij Yamamoto, con prestiti importanti da musei e archivi italiani.

A chi piacerà: a chi pensa che la moda sia arte e che l’arte racconti la moda.

Informazioni utili: Museo Civico San Domenico, P.le Guido da Montefeltro 12, Forlì, aperto dal lunedì al venerdì in orario 9.30 - 19, sabato e domenica 9,30 - 20.

Milan Vagač. Black Box, Labs Contemporary Art, Bologna, dal 6 aprile al 3 giugno

Black Box è la scatola nera che cela la tecnologia che utilizziamo tutti i giorni con i nostri devices.

È tutto ciò che non si vede del loro funzionamento, dietro la superficie lucida e riflettente con cui interagiamo continuamente. Ed è su queste scatole nere che si focalizza l’artista slovacco Milan Vagač, in un tentativo di disvelamento.

Che non è solo un lavoro radiografico, ma un viaggio interpretativo, per portare su tela meccanismi nascosti di dispositivi astratti. La tecnica è decostruttivista e la scelta linguistica è l’allusione: il dipinto bidimensionale riguarda parti del device, mentre risultano evidenti gli elementi 'nascosti' della tela: il telaio in legno e la sua bidimensionali accentuata dalla trasparenza.

Un doppio gioco tra analogico e digitale, tra hardware e software, tra la comunicazione e i suoi ingranaggi.

La serie Gizmo infatti prende il titolo proprio dal termine che indica una macchina che svolge un particolare compito in un modo nuovo ed efficiente ma di cui non si conosce il vero nome. Una scatola nera, appunto.

A chi piacerà: agli sperimentatori, a chi ama l’arte contemporanea e a chi vive tra il digitale e l’analogico.

Informazioni utili: Labs Contemporary Art, via Santo Stefano 38, Bologna, aperto da martedì a sabato in orario 10 - 13 e 15 - 19.

Cover photo: Maria Vittoria Bakhaus