A Bergamo, all’interno del Monastero di Astino, immerso in un paesaggio bucolico premiato per esempio virtuoso di biodiversità, è esposta una mostra fotografica dedicata a Giovanni Chiaramonte

Astino è un posto speciale, per i bergamaschi un posto del cuore. È una valle ma si trova in città. Raccolta ma ariosa, verde e luminosa, è incastonata come custodita tra boschi, sentieri, percorsi e campi coltivati, ai piedi dei colli che abbracciano Città Alta.

Al cento domina l’omonino Monastero, annesso all’adiacente Chiesa del Santo Sepolcro, ora spazio multifunzionale, sapientemente ristrutturato nel 2015. Di fronte, la Cascina Mulino è un antico edificio rurale recuperato, destinato a eventi privati, mostre e a un piccolo mercato agricolo.

Il recupero del complesso di Astino

Convento fondato nel 1070 da alcuni monaci Vallombrosiani, dopo diversi ampliamenti, passaggi di proprietà e vicissitudini varie, è stato restaurato e rinnovato in occasione di Expo 2015 per ospitare svariate iniziative: culturali, espositive, conviviali e gastronomiche ma anche agricole.

I campi adiacenti al complesso, infatti, sono stati dati in affitto a giovani imprenditori che li coltivano secondo metodologie biologico. Sezione distaccata dell’Orto Botanico di Bergamo, la Valle della Biodiversità propone itinerari guidato alla scoperta dell’agrobiodiversità.

La biodiversità dentro la città

Vincitore del Premio Nazionale del Paesaggio 2021, il progetto “La biodiversità dentro la città: la Val d’Astino di Bergamo” presentato da Fondazione Misericordia Maggiore di Bergamo – MIA, proprietaria degli spazi, è stato indicato da MiC – Ministero della Cultura come un modello esemplare, replicabile in altri territori in quanto a tutela, gestione, valorizzazione, ma anche trasformazione, di un paesaggio.

Le proposte estive di Astino

Da giugno a settembre, i suggestivi interni del chiostro e il giardino dell’ex convento, impreziositi da opere luminose dal grande impatto scenico firmate dal brand bergamasco Catellani & Smith, si trasformano in spazi conviviali dove è possibile degustare una selezione di proposte gastronomiche di alta qualità realizzate dal ristorante Da Mimmo e dalla pasticceria Cavour 1880 appartenente alla famiglia Cerea di Da Vittorio. Non solo, l’offerta si arricchisce anche di iniziative culturali di rilievo, come l’esposizione dedicata alle fotografie di Giovanni Chiaramonte.

La mostra fotografica Realismo infinito di Giovanni Chiaramonte

Fino al 9 ottobre, gli spazi del complesso monastico ospitano una significativa mostra fotografica, a cura di Corrado Benigni, dedicata all’opera di Giovanni Chiaramonte, artista che come pochi altri ha contribuito alla ridefinizione poetico-concettuale dell’immagine del paesaggio contemporaneo.

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La ridefinizione dell’immagine del paesaggio contemporaneo

L’esposizione propone 45 fotografie, molte delle quali mai esposte né pubblicate, che ripercorre oltre due decenni di ricerca – dal 1980 ai primi anni del 2000 – intorno ai diversi modi di percepire il paesaggio e la veduta urbana, da sempre al centro della fotografia e della riflessione teorica di Chiaramonte. La mostra si configura dunque come occasione di rilettura e sistematizzazione di una fase di lavoro centrale nella biografia artistica del fotografo.

Il paesaggio italiano come matrice e lente

In questa esplorazione suddivisa in tre capitoli: Italia, Europe, Americas il Bel Paese è il punto d’osservazione privilegiato: il suo territorio, che si presenta come una stratificazione di culture e civiltà, racconta la storia dell’intero Occidente. Il paesaggio italiano diviene così la matrice per leggerlo e comprenderlo: è la lente attraverso la quale Chiaramonte mostra i tanti luoghi che esplora.

Il catalogo Electa

In occasione della mostra è stato realizzato il volume Giovanni Chiaramonte. Realismo infinito, a cura di Corrado Benigni con testi di Teju Cole. Edito da Electa in due versioni, italiano e inglese, riunisce 100 immagini.

La fotografia come testo stratificato...

La sua arte, da sempre legata a un’esplorazione esistenziale e spirituale, è un ‘testo’ stratificato che narra il lungo e difficile cammino dentro le immagini per costruire un discorso che va oltre la dimensione del racconto del mondo, rivelando piuttosto i fondamenti del vedere umano” scrive Corrado Benigni nel testo del libro che accompagna la mostra.

... dona una luce nuova

Chiaramonte sa bene che non c’è nessuna armonia nel mondo, nessuna totalità, nessuna compiutezza. La sua non è una fotografia consolatoria. L’ultima resistenza – sembra suggerirci – è solo quella dell’immagine che mostrando le cose le fa esistere in una luce nuova, come fa la parola nominandole” conclude Benigni.