In un crescendo ipnotico – da Milano a Roma, passando per la Toscana – tre installazioni site specific tratteggiano, scandiscono, spezzano linee e geometrie: pure ed eteree, liquide e traslucide, prismatiche e vitaminiche

Partiamo da Milano con l'estetica essenziale, sofisticata e sussurrata delle opere di Mario Airò, Joana Escoval ed Ettore Spalletti, illuminate da un’installazione di Michael Anastassiades, per spostarci nell'incantevole borgo medievale di San Gimignano, in Toscana, dove l’artista cubano Osvaldo González realizza con lo scotch installazioni ambientali che impregnano gli spazi di una colata ambrata di resina liquida, fino ad arrivare a Roma, dove il colore viene versato, dipinto, scolpito e lavorato da sei artisti in un'esplosione variopinta di materiali e tecniche.

In un crescendo ipnotico, tre installazioni site specific tratteggiano, scandiscono, spezzano linee e geometrie: pure ed eteree, liquide e traslucide, prismatiche e vitaminiche.

Nei mesi di aprile e maggio, gli spazi della galleria Vistamarestudio di Milano sono stati plasmati da Quattro forme, un'installazione eterea, colta e concettuale che ha riunito opere di Mario Airò, Joana Escoval ed Ettore Spalletti, illuminate da un’installazione di Michael Anastassiades

Un’estetica essenziale accomuna i lavori in mostra, insieme alla ricerca di equilibrio tra la purezza dei materiali e la semplicità delle forme. Potrebbe sembrare, a un primo sguardo, che a tenerli insieme sia una certa poetica della riduzione, una predisposizione verso un’economia dei mezzi. A ben guardare, però, ciascuna di queste opere accenna a un’apertura, alla possibilità di contemplare uno spiraglio, l’intuizione del paesaggio o la bellezza di un momento destinato a trascorrere. Quattro forme si rivela così una partitura di pause e di vuoti, un dialogo spontaneo tra opere che portano un po’ più vicino ciò che appare spesso lontano. 

A San Gimignano, incantevole borgo medievale sulle colline senesi, gli spazi antichi ed echeggianti della Galleria Continua ospitano, fino al 31 agosto 2021, la personale dell'artista cubano Osvaldo González che, compie un viaggio simbolico attraverso una delle sue più significative ricerche e passioni: la rappresentazione di spazi interni vincolati alle sue vicende personali. Per realizzare l'installazione site specific Viaje ha utilizzato un materiale inedito, usa e getta: lo scotch. A puntellare il percorso, una scansione di opere tratte dal suo Archivo personal, realizzate con scotch e resina su plexiglas ed enfatizzate dalla translucenza della superficie su cui si riverbera, in un gioco di linee e ombre, rimandi e simmetrie, la luce.

Restituendo un’esperienza sensoriale su scala architettonica, Viaje corona una delle ossessioni dell’artista: veicolare sensazioni a partire dalla materia. Entrando nello spazio, infatti, pare che la resina di un materiale ambrato, diventata liquida, si sia rovesciata, espansa, congelata e, infine, sia salita verso l’alto. Percorrendo il perturbante percorso espositivo si ha l'impressione di esservi eternamente intrappolati, come una zanzara nell’ambra.

Le immagini alla base delle installazioni, parte dell’archivio personale dell’artista, rivelano alcuni dettagli del suo ambiente domestico, lavorativo, affettivo. Sebbene ritraggano spazi interiori, le opere hanno sempre una connessione con il paesaggio esterno, in particolare attraverso la luce che entra da una porta, una finestra o una scala.

Il viaggio a cui fa riferimento González è un viaggio intimo e meticoloso, un viaggio alla scoperta di se stesso. Tuttavia non si tratta di un percorso individuale: la profondità delle immagini, il loro potenziale narrativo e suggestivo, i punti di fuga ci spingono insieme all’artista a varcare la soglia’ delle sue opere.

A Roma, infine, fino al 31 luglio 2021, gli ambienti della Galleria Mucciaccia esplorano diversi modi in cui è possibile impiegare il colore attraverso lo sguardo prismatico di sei artisti britannici  David Batchelor, Ian Davenport, Lothar Götz, Jim Lambie, Annie Morris, Fiona Rae – che indagano, ciascuno a suo modo, le complesse relazioni che intercorrono tra colore e forma, mezzo e significato. La loro ricerca spazia dalla bidimensionalità alla tridimensionalità: il colore viene versato, dipinto, scolpito e lavorato in una molteplicità di materiali e tecniche.

Ispirandosi alla filosofia di Robert BreaultCatherine Loewe, curatrice della mostra ColourSpace, rende il colore protagonista assoluto degli spazi, appunto. Lo si trova nelle sculture assemblate con gli oggetti di recupero di Batchelor, nelle scie varipinte dei quadri di Davenport, nei segni delicati e fluttuanti tracciati sulle superfici bianche di Fiona Rae e nelle sculture di Annie Morris che con prepotenza’ definiscono l’ambiente. Ma soprattutto il colore fuoriesce dai quadri per invadere i muri e il pavimento della galleria nelle due realizzazioni site specific: Beyond, una parete dipinta da Lothar Götz e Zobop, il pavimento realizzato con strisce di vinile da Jim Lambie.

“C’è colore nella vita e c’è colore nell’arte” spiega Catherine Loewe. “E c’è l’intersezione di queste due cose, che è forse dove ci troviamo oggi”. L’uso dei colori e il loro significato sono infatti intrecciati in una complessa rete di riferimenti, in un mondo cromaticamente saturo – dal logo della Apple alle magliette Benetton, da Seurat per i Simpsons a Turrell per Tiffany.

Il colore, insomma, è la chiave della nostra percezione, la vera essenza di come vediamo e capiamo il mondo, ma la domanda da porsi è: come lo interpretiamo? Ognuno dei sei artisti ne dà un'interpretazione personale. C'è chi ha un approccio policromatico danzante, chi multidisciplinare e attinge da arte, scienza, letteratura, filosofia, ma anche film, musica e antropologia, chi impiega una miriade di tecniche, come versare e gocciolare, persino lanciare e ribaltare, e chi si ispira a Carl Jung quando definisce il colore la lingua madre del subconscio”.