Nelle sale di Palazzo Pigorini, va in scena il racconto fotografico di Paolo Simonazzi dedicato al Po e ai territori che attraversa

Per chi sul Po è nato e ha vissuto, l'alito umido del Grande Fiume è percepibile anche quando ne è lontano. Il Po si sente nell'aria: dall'odore, dal vuoto che si intuisce sull'acqua guidata dalle sponde, allo stesso tempo limite e approdo, fine e principio. Scorre lento, possente, tranquillo nell'ingannevole quiete delle sue acque profonde, ora dolci nel sollevare ciocche e rivoli di schiuma, ora pronte ad arrabbiarsi all'improvviso sopraggiungere della piena e a trascinare via tutto quello che incontrano sul loro cammino.

Una pianura d'acqua

Sulle sue rive, in certe notti d'estate l'aria è così umida e densa che manca il respiro. In autunno, invece, ci sono sere che lasciano in bocca il sapore della nebbia. Una nebbia da respirare, che appesantisce i movimenti, a tratti appanna l'anima, diventa parte di sè. Una pianura d'acqua, aria e nebbia con i suoi profumi di erbe e fossi, i suoi orizzonti piatti, i suoi alberi che a primavera si gonfiano di un compatto verde tenerissimo.

Il filo, una cucitura territoriale

Curata da Ilaria Campioli e Andrea Tinterri, la bella mostra Il filo e il fiume di Paolo Simonazzi, è un’indagine sulle sottili trame identitarie legate al maggior fiume italiano, evocato attraverso l’immagine del “filo”, elemento ricorrente negli scatti e metafora di “cucitura territoriale”. Ospitata nelle sale dello storico Palazzo Pigorini a Parma (Strada della Repubblica 29/a ) fino all’8 maggio, organizzata dall'Associazione Bondeno Cultura (ABC) in collaborazione con il Comune di Parma nell’ambito del programma ufficiale di Parma Capitale della Cultura 2020+21, la mostra propone una selezione di venti scatti, tutti di grande formato, tratti dal progetto realizzato dal fotografo reggiano tra il 2013 e il 2021 e dedicato al Po e ai territori che attraversa.

Il Po: paesaggi, persone, luoghi

Protagonista assoluto, il pesante e inesorabile scorrere del Po, che appare anche quando non viene fotografato direttamente: la sua presenza emerge nel paesaggio circostante e nelle persone che abitano i luoghi attraversati dalle sue acque. Il “filo” a cui fa riferimento il titolo è un’evocazione della forma fluviale, un elemento fisico che compare ripetutamente nelle fotografie. Il risultato è un’antologia di paesaggi differenti ma in relazione tra loro, uniti dalla presenza del fiume, parte di un mondo forse in via di estinzione di cui l’autore ci consegna tracce visive.

L'identità di un fiume

Accompagna la mostra il catalogo edito da Silvana Editoriale, che raccoglie l’intera serie composta da 56 scatti e due contributi critici di Davide Papotti e Francesco Zanot. Sia nelle immagini in mostra sia in quelle nel volume, il fiume diventa al contempo sottofondo evocativo e presenza implicita: come scrive Papotti: “Viene esplorato per sottrazione, escludendo quasi sempre l’immagine stessa delle acque, per provare a indagare fino a quanto riesce a spingersi nell’entroterra l’identità fluviale”.

Ispirazioni fotografiche e musicali

Il progetto prende dichiaratamente ispirazione dal lavoro Sleeping by the Mississippi del fotografo statunitense Alec Soth, indagine conoscitiva condotta nel 2004 lungo il corso del grande fiume americano. Il titolo, Il filo e il fiume, fa riferimento all’album The river and the thread (2014) di Rosanne Cash, in cui la cantautrice americana (figlia di Johnny Cash) ripercorre il Sud degli Stati Uniti alla ricerca del passato e dei ricordi della sua famiglia.

Programma la visita

Giorni e orari di apertura: mercoledì, giovedì e venerdì: ore 15.30 - 19.30 / sabato e domenica: ore 10.30 - 19.30. L’ingresso alla mostra, gratuito, sarà gestito in base alle disposizioni di legge in vigore per le misure di sicurezza e prevenzione nell’ambito dell’emergenza Coronavirus (Super Green Pass obbligatorio).