Il rapporto del corpo con l’architettura e il complesso fenomeno della corporeità hanno sempre occupato una posizione privilegiata nella storia della cultura europea.
Il rimando immediato è alla tradizione classica e a Vitruvio, architetto di Roma antica. All’interno del pensiero vitruviano molti grandi architetti, soprattutto quelli maggiormente dotati nell’arte del disegno, hanno sperimentato il momento in cui il piacere di rappresentare l’anatomia umana assume una valenza erotica.
Il disegno, il primo manifestarsi del processo che attribuisce una forma alla materia, può implicare l’instaurarsi di un rapporto sensuale tra la mano dell’architetto, il supporto grafico e gli strumenti impiegati.
La mostra “I Modi” di Giulio Romano e i modi di Carlo Scarpa e Álvaro Siza, a cura di Francesco Dal Co e allestita in Fondazione Querini Stampalia con il supporto di Casabella laboratorio, mira ad indagare questo aspetto della pratica dell’architettura, il legame tra rappresentazione del corpo ed erotismo.
Tale analisi è condotta a partire dall’esposizione di una vasta serie di disegni mai usciti dai quaderni di appunti privati e dagli studi di due dei massimi architetti del Novecento, Carlo Scarpa (1906-1978) e Álvaro Siza (n. 1933).
I disegni inediti di questi due maestri dell’architettura contemporanea esposti in mostra saranno circa 100.
A dimostrazione che quanto si deduce dai disegni e schizzi di Scarpa e Siza non è il frutto di una pratica o di atteggiamenti contingenti, in mostra trovano posto le riproduzioni de “I Modi” di Giulio Romano (1499-1546).
Nel 1524 Marcantonio Raimondi (1480 ca.-1534), il più importante incisore italiano del Rinascimento, ricavò da sedici disegni lascivi di Giulio Romano la serie delle incisioni note come I Modi (De omnibus Veneris Schematibus).
I Modi, che raffigurano sedici posizioni erotiche, sono stati variamente ripresi (Carracci e Procaccini, tra gli altri) e poi pubblicati come illustrazioni di altrettanti sonetti licenziosi composti da un altro dei massimi esponenti del Rinascimento, Pietro Aretino (1492-1556).
Nella mostra è curioso osservare il volume che riproduce i sonetti dell’Aretino accanto alle incisioni di Raimondi, con sovrapposti i disegni che imitano quelli di Giulio Romano tracciati da Siza.