Cosa resta oggi del suo modo di progettare?
È rimasta una certa capacità di partire dalla funzionalità, quello che dovrebbero fare tutti, con la differenza che oggi alcuni progettisti partono dall’immagine e dall’estetica, cosa che Joe non faceva assolutamente, solo nei primissimi schizzi c’era la ricerca di una forma. Lui procedeva come si fa nell’industria, dove non si progetta da sinistra a destra, ovvero, si parte da un pezzo e se ne attaccano altri, utilizzando molto più di quanto sia necessario. Lui impostava il lavoro sulla massima funzionalità e in base a quella, riduceva tutti i pezzi.
Una capacità che aveva imparato quando aveva preso in mano l’industria paterna, che faceva cavi elettrici. Di sicuro aveva in mente un’immagine quando iniziava a progettare, perché veniva dal mondo artistico, ma lui negava quel periodo perché voleva essere un tecnico. Infatti, frequentava le fiere di meccanica in Germania, portava in studio i cataloghi della minuteria, degli accessori per le cucine, delle cerniere. Noi non capivamo niente di tedesco, meno male che c’erano le illustrazioni.
Erano la nostra fonte d’ispirazione, ma poi le ridisegnavamo cambiandone la forma, perché si faceva tutto su misura. Un giorno è arrivato in studio con una lampadina industriale, da 500 watt, ha fatto un piccolo schizzo ed è nata l’alogena Colombo 626, una lampada essenziale con una parabolina riflettente e una lamiera piegata con diversi tagli per disperdere il calore, nulla di più. I suoi schizzi erano ragionamenti, gli oggetti dovevano essere prolungamenti del corpo umano.