Dal 6 marzo al 24 aprile 2022, una mostra diffusa in città come un grande giardino ideale, convivenza armoniosa di pluralità

Lodi, tra i territori più colpiti in Italia dall’emergenza pandemica, torna a celebrare la vita con la mostra “Francesco Diluca. Giardini”, a cura di Angela Madesani. “L'esposizione è una metafora della vita, delle molteplici forme dell'esistere e del resistere”, spiega l’artista. Circa cento sculture in ferro, create per gli spazi lodigiani ed esposte in cinque location tra le più suggestive della città (Collezione anatomica Paolo Gorini, ex Chiesa dell’Angelo, Teatro alle Vigne, ex Chiesa di Santa Chiara Nuova e Sala dei Filippini della Biblioteca Laudense), raccontano il rapporto uomo-natura e le piccole e grandi tracce che il primo lascia sulla seconda.

Un grande giardino ideale

La mostra si presenta come un grande giardino ideale, inteso come convivenza armoniosa di pluralità: ogni sede-giardino dialoga con le altre, raccontando, attraverso installazioni dalle forme organiche, una storia di fragilità, precarietà, ma anche forza, resistenza, resilienza, rinascita.

Il senso del tempo

Il tempo è un altro tema cruciale: il tempo infinito, spesso uguale a se stesso, che la pandemia ha imposto all’uomo nel periodo di lockdown, ma le cui caratteristiche di ciclicità e ripetitività appartengono al mondo naturale. “Non ci troviamo tuttavia” racconta la curatrice, “di fronte a una mostra sul Covis e sulle sue conseguenze. La rassegna è una riflessione nei confronti della natura, del suo rapporto con l’uomo. Non esiste una sola risposta di fronte a opere di questo tipo, si legge, piuttosto, tra le righe, un’aspirazione alla capacità di reagire al trauma, alla perdita, alla tragedia. L’arte diviene così faro imprescindibile per la società civile”.

Le stagioni della vita

Il punto di partenza ideale del percorso espositivo è il Museo Gorini, che accoglie cinque cicli di opere: Germina, Skin, Radicarsi, Papillon e Kura Halos rappresentano le stagioni della vita dalla nascita alla maturità, dalla morte alla rinascita, il cui unico punto fermo è il continuo mutamento. Tutte le sculture sono figure di metamorfosi: esili strutture arboree antropomorfe, all’interno delle quali si fa spazio la natura, che si tramutano in foglie (d’oro), farfalle o coralli, simboli del cambiamento.

Nuove metamorfosi

In questa sede, la sera dell’inaugurazione, la performance Post fata resurgo durante la quale una scultura realizzata in un particolare filato metallico prenderà fuoco producendo una miriade di scintille e lasciando intravedere parti del corpo, organi e filamenti venosi che accendono una continua reazione a catena. Ne nascerà un’opera nuova, diversa, Micelio, che sarà collocata nella Chiesa di Santa Chiara Nuova.

Tra libri, umano, animale e vegetale

Nella Biblioteca Laudense trova spazio Memento: come nell’antica biblioteca sono presenti volumi preziosi, fragili, alcuni inutilizzabili, così i libri che costituiscono Memento sono pietrificati. Diventano un monumento alla memoria, a un grande sapere che non può essere fruito. All’ex Chiesa dell’Angelo, Giardini installazione composta da circa trenta sculture antropomorfe a grandezza naturale: creature in bilico tra umano, animale e vegetale. Anche le opere esposte nelle nicchie della facciata del Teatro alle Vigne sono pensate per entrare in dialogo con la città: due sculture dorate, parte della serie Radicarsi. Accompagna la mostra un catalogo edito da Eclipse, con un testo critico di Angela Madesani, le fotografie di Giorgio Gori e apparati bio-bibliografici aggiornati.