La Jerusalem Design Week torna per la sua 12a edizione presso lo storico Hansen House Center for Design, Media and Technology, dal 22 al 29 giugno 2023: è il più influente evento pubblico di design in Israele

Due le convinzioni forti che sostengono il progetto della Jerusalem Design Week che quest’anno aprirà le sue porte a Gerusalemme dal 22 al 29 giugno: la convinzione che il design possa e debba rispondere alle questioni globali più urgenti e che Israele si possa considerare una sorta di laboratorio vivente per l’analisi di questi problemi.

Concetto, quest’ultimo, molto simile a quello che ha dato origine al tema della Biennale Architettura 2023 e al rapporto della sua curatrice, Lesley Lokko, con l’Africa.

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Lies and Falsehoods (bugie e falsità) è il tema intorno a cui si è riflettuto per la realizzazione dei prodotti e delle installazioni protagonisti della Jerusalem Design Week 2023.

L’obiettivo è di indagare una delle questioni più delicate della nostra epoca, quella del nostro rapporto con le bugie e le falsità e di riflettere su come i designer possano, nel loro lavoro, promuovere autenticità e onestà.

Saranno presentate opere che catturano il significato dell’illusione, nascondono consapevolmente, ingannano o danno origine a una realtà alternativa, insieme ad altre che cercano di scoprire ed esplorare la verità di fronte a bugie e falsità.

Nel 2023, la Jerusalem Design Week si avvale di due nuovi curatori che affiancano il direttore artistico Sonja Olitsky: Dana Ben Shalom e Jeremy Fogel.

Dana Ben Shalom, curatrice e ricercatrice, è Membro Senior del Dipartimento di Textile Design dello Shenkar College of Engineering, Design and Art di Ramat Gan, mentre il dott. Jeremy Fogel è Docente presso il Dipartimento di Filosofia Ebraica dell'Università di Tel Aviv.

Partendo dalla considerazione che non è così comune incontrare un docente di filosofia impegnato nella curatela di un evento di design, abbiamo intervistato il team.

‘Lies and Falsehoods’ è un tema molto stimolante per un evento dedicato al design, ammette già l’esistenza di un problema, senza girarci troppo intorno. Com’è stato accolto dai designer e dai brand ai quali l’avete proposto?

“La maggior parte delle risposte è stata entusiasta. Sembra che le questioni sollevate dal tema siano ampiamente percepite dalla comunità del design, e più in generale dal pubblico, come estremamente rilevanti per la nostra vita nell'era digitale.

È apparso subito evidente a tutti noi che i creatori di varie discipline del design (dall'artigianato ai regni digitali e alla performance) siano già molto coinvolti nel loro lavoro in vari modi.

In particolare, dato il senso di emergenza politica e sociale che si respira in Israele in questo momento, il tema è sembrato (purtroppo) ancora più attuale di quanto avessimo potuto prevedere al momento della sua formulazione.

È anche importante notare che, sollevando il tema Bugie e falsità, cerchiamo di affrontare non solo il tema dell'ingannevole e del falso, ma anche una rinnovata ricerca di verità, autenticità e trasparenza.”

Come potreste descriverci, in linea di massima, le differenza tra la JDW e un evento simile in Europa, la Milano Design Week per esempio che è quella che noi conosciamo meglio? Avete per caso connessioni con le altre fiere di design?

“La JDW fa parte della famiglia di eventi simili in tutto il mondo: ha esposto a Tokyo, Milano e Parigi e presto collaborerà anche con la settimana del design svedese.

Considerando che questa è la dodicesima edizione dell'evento, la JDW si è ormai affermata come evento centrale del settore sia in Israele che a livello internazionale.

Forse, la prima particolarità rispetto ad altri, è che si tratta di un evento completamente pubblico e senza scopo di lucro, che cerca di condividere gli ultimi sviluppi del design con il grande pubblico.

Siamo molto orgogliosi del fatto che circa quarantamila visitatori partecipino con entusiasmo al nostro evento e che questo pubblico comprenda designer professionisti, studenti e appassionati, ma anche persone che altrimenti non avrebbero l'opportunità di riflettere sul significato e sull'importanza del design nella vita di tutti i giorni.

Inoltre, l'evento sostiene molto la comunità del design in Israele. Ogni anno più di cento opere vengono commissionate specificamente dalla JDW.

Questo è particolarmente significativo per gli artisti emergenti che altrimenti non avrebbero l'opportunità di sviluppare le loro idee e sostiene l'ecosistema del design nel nostro Paese.

Infine, la JDW si svolge in un luogo davvero unico: la Hansen House, fondata nel 1887 come lebbrosario dalla comunità protestante di Gerusalemme e gestito da suore tedesche, attualmente adibito a centro culturale.”

La JDW coinvolge designer e studi di design o anche aziende israeliane?

“Certamente! La JDW collabora sia con designer indipendenti, sia con istituzioni (accademie di design, istituzioni culturali, ecc.), sia con aziende di vari settori rilevanti.

Ad esempio, quest'anno collaboriamo con tutte le principali accademie d'arte e di design in Israele, con Asif, un'organizzazione no-profit e un centro culinario di Tel Aviv dedicato a coltivare e alimentare la cultura alimentare creativa e diversificata di Israele.

Portiamo avanti annualmente anche il progetto Matchmaker, che ha lo scopo di mettere in contatto la comunità locale di piccole imprese con i designer.”

È molto interessante (e credo sia una scelta innovativa) che uno dei curatori sia un professore di filosofia: mi piacerebbe potergli chiedere come mai secondo lui sia diventato così facile, con l’avvento del digitale, cadere nelle trappole delle bugie? Come mai non abbiamo strumenti per difenderci? Il design potrebbe essere uno di questi?

“Mi sembra che ci troviamo nel bel mezzo della rivoluzione più significativa della civiltà dai tempi della rivoluzione agricola da cui è nata la cultura umana come la conosciamo.

L'era digitale, per dirla in parole povere, cambia tutto: non solo il modo in cui comunichiamo, lavoriamo o ci intratteniamo, ma anche il modo in cui percepiamo noi stessi, il modo in cui pensiamo alla nostra vita, ai nostri valori, al nostro senso di significato, anzi, con ogni probabilità cambierà presto la stessa natura umana (lo sta già facendo).

Come parte di questo nuovo mondo, la capacità di ingannare le persone è assolutamente senza precedenti. Certo, nel corso della storia ci sono state forme di disinformazione e propaganda, ma mai la capacità di ingannare è stata così completa.

Ci esponiamo volontariamente e continuamente a sistemi sempre più intelligenti che apprendono la nostra sensibilità e stanno perfezionando la capacità di convincere individualmente le persone su vasta scala, 'hackerando' la nostra stessa coscienza.

Tutto questo, inoltre, sta avvenendo a una velocità mozzafiato, troppo rapida perché le nostre obsolete strutture politiche possano reagire in tempo.

Se la società umana vuole sviluppare strumenti con cui difendersi, dobbiamo urgentemente regolamentare la nostra tecnologia e ripensare il modo in cui educhiamo i nostri figli (in particolare, enfatizzando il pensiero critico nei loro programmi di studio), nonché riflettere su come i vari campi dell'attività umana possano continuare a promuovere i valori che vorremmo mantenere in futuro.

Parte di ciò che ci proponiamo di realizzare alla JWD di quest’anno, insomma, è una riflessione su come i designer possano, nel loro lavoro, promuovere l'autenticità, la veridicità e l'onestà in un mondo in cui questi valori sono sempre più a rischio.”

La JDW in breve

La Jerusalem Design Week si svolge dal 22 al 29 giugno 2023 nel centro culturale Hansen House, 14 Gedalyahu Alon St, Gerusalemme. L’ingresso è libero.

Giovedì 22 sarà aperta la sera dalle 19.00 alle 23.00.

Per una settimana, gli spazi interni ed esterni della Hansen House si riempiranno di decine di installazioni, performance e spettacoli, mostre e progetti di tutte le discipline del design, molti dei quali saranno esposti per la prima volta.

Tra questi, gruppi di design e architettura internazionali e locali creeranno accattivanti spazi immersivi.

Ci sarà, per esempio, un set fotografico automatico della fotografa Ella Barak e dell'illustratore Nadav Machete, che offrirà ai visitatori l'opportunità di farsi fotografare come souvenir dell'imminente fine del mondo e nel cortile sarà allestito un viale di cabine generatrici di profezie, che offriranno ai visitatori verità e bugie sul loro passato e sul loro futuro.

Il progetto Matchmaker di quest’anno si concentrerà sui miti urbani di Gerusalemme, sotto la direzione dei nuovi matchmaker Noa Rich e Yohai Alush. Il progetto metterà in contatto designer, guide turistiche e narratori di Gerusalemme, che interagiranno con gli edifici iconici della città, creando nuovi e sorprendenti souvenir dedicati ai siti, alle persone e alle storie che custodiscono.

Cover photo: Agency For Unseen Sights by Esmee Willemsen, photo Nico Fritzenschaft