A Eindhoven centinaia di espositori, soprattutto scuole di design e giovani designer indipendenti, sfidano il presente e le comuni convenzioni per mostrare strade che non avremmo immaginato

La Dutch Design Week è uno degli sguardi più sinceri sulla creatività giovane e il design indipendente e di ricerca.

Nonostante la partecipazione veda per lo più scuole di design del nord Europa o progettisti di quelle geografie, la settimana di eventi e mostre sparsi per la città che fu della Philips ci pone di fronte a punti di vista freschi, talvolta ingenui, ma ricchi di visione sugli imprescindibili problemi che il mondo si trova a fronteggiare: dalla scarsità di risorse al necessario cambiamento dei processi di produzione e di consumo, dalle rilettura della cultura materiale attraverso la prospettiva delle minoranze all'evoluzione tecnologica che sembra soverchiarci.

Un evento “bottom-up” che presenta poco design di prodotto e molti progetti di ricerca o concettuali e che punta a “informare una discussione”, come commenta Miriam van der Lubbe, creative director della Dutch Design Foundation che organizza l'evento.

“Il titolo di quest'anno, Real Unreal, suggerisce che il cambiamento ha spesso un inizio astratto ma prende forma man mano che ci lavoriamo, preferibilmente insieme. Così, rispetto alle precedenti edizioni, notiamo meno osservazione e più soluzioni ai problemi”.

Lo show della Design Academy di Eindhoven

Difficile sintetizzare tendenze e tematiche ricorrenti in un'ampia offerta formativa che da sempre travalica le convenzionali suddivisioni disciplinari. Ciò che più stupisce dei progetti di laurea in mostra è l'approccio relazionale e “da collettivo”, l'esplorazione dei rituali sociali e delle diverse culture che pervadono il quotidiano e la rilettura del vernacolare attraverso tecnologie vecchie e nuove.

Gli studenti si pongono spesso in una prospettiva di genere, cogliendo la ricchezza della commistione etnica in cui lo stesso ambiente di studi li ha posti.

Ne sono paradigma i vincitori dei Design Academy Eindhoven Awards 2024: la rivista Mnemotope, promossa da Lilou Angelrath e Réiltín O’Hagan, che propone un approccio collettivo all'editoria per un'industria più dinamica e inclusiva, o The Blue Flower Syndrome di Benze De Ream che, citando l'algoritmo di classificazione per i fiori dell'eugenista britannico Ronald Fisher (1934), analizza gli influencer in rete e mette in guardia sull'apprendimento automatico che si basa sulla classificazione discriminante dei dati.

I significati di suolo al Van Abbe Museum

Il suolo è fondamento di vita, non solo quello calpestabile che definisce territori e geografie ma anche ciò che riconosciamo come identità culturale e sociale. È, in senso lato, il luogo dove hanno costruito i nostri antenati e che riportiamo alle generazioni future.

La mostra Soils, collaborazione curatoriale tra il TarraWarra Museum of Art, Struggles for Sovereignty e il Van Abbemuseum – fino al 24 novembre a Eindhoven, poi a Giacarta nel 2025 – seleziona differenti casi studio nel mondo, da problematiche storiche storico-sociali legate a precise geografie a casi di urgenza climatica a cui gli artisti hanno dato forma sensibile.

Ed ecco che le bellissime ma inquietanti fotografie sullo scioglimento dei ghiacciai alpini di Diewke van den Heuvel si giustappongono alla scultura di terra di Pluriversity Weavers, realizzata con le tecniche della tribù precolombiana Iku, che critica il patriarcato e il colonialismo in Colombia.

Symbiocene, prospettive di convivenza interspecie

In un rigoglioso parco alle porte di Eindhoven, i BioArt Laboratories sono un'istituzione culturale che facilita la produzione e diffusione di progetti di design e arte che ridefiniscono l'ecologia degli habitat umani al fine di portare avanti le istanze dell'era che segue l'Antropocene, in cui è necessario che l'uomo si ponga in simbiosi con la natura e la tecnologia.

Molti dei progetti selezionati mostrano l'inclusione di altre specie nei processi di produzione: come Brio del belga Arnaud Tantet, che utilizza colonie di vermi mangiatori della plastica per scolpire la forma degli stampi della sua utensileria in metallo; i mattoni per edilizia di Hana Polak, che disegnano un intero ciclo di vita dal rifugio per pipistrelli alla concimazione delle piante per pareti verdi; o i Living Colour Files di Startel che creano pattern colorati su tela attraverso il volo delle mosche su piccole vasche di colore, in una forma di disordine organico che cita le opere di Jackson Pollock.

Foto di copertina: ph. Max Kneefel