Da tempo la street art, e in particolar modo quella italiana, è diventata molto di più di ciò che era in origine, quando per definire questo universo fatto di gesti spontanei e ribelli usavamo parole via via diventate marginali come tag e graffiti. Oggi, quando diciamo street art, ci riferiamo a una galassia multiforme e sfrangiata di espressioni nate dalla stessa radice del gesto “contro” e poi diventate molto altro. Parlare di street art vuol dire ormai pensare a musei a cielo aperto come quello di Tor Marancia a Roma, o a mostre come quella al museo Macro della Capitale che nel 2017 segnava l’ingresso nell’ufficialità degli artisti nati per dis-piacere con le loro azioni creative antagoniste. Una lunga e complessa evoluzione di linguaggi, stili e poetiche caratterizza quello che è adesso un vero e proprio museo a cielo aperto, diffuso in tutto il territorio, dalle grandi città ai piccoli centri, dove gli urban artist lasciano il segno sempre di più in dialogo con le istituzioni, utilizzando la loro arte come leva culturale e sociale, attivatore di processi di riqualificazione e riscatto.