Leggere non va di moda, scrivere sì. Qual è il suo obiettivo quando scrive?
Luca Molinari: “Ho sempre scritto perché volevo farlo e ogni libro è nato da un’esigenza personale. Un libro è uno sforzo intellettuale che una volta stampato appartiene al mondo, non un autoritratto.
Serve a percepire l’urgenza di un tema che racconta cose ancora che non abbiamo ancora capito bene. E che non sappiamo come potranno essere utili per il futuro.
Un buon libro sul design potrebbe addirittura guardare a qualcosa di molto antico e leggerlo con occhio contemporaneo. La qualità, però, implica lo sforzo di guardare veramente perché l'architettura ha una capacità di reazione poetica molto forte. E poi ho un’esigenza fisiologica di scrivere, mi aiuta e mi rasserena, è un baricentro esistenziale”.
Qual è il tuo programma al Festival della letteratura?
Luca Molinari: “Ci sarà finalmente Mario Cucinella, architetto che riesce a parlare di sostenibilità con un occhio sempre pragmaticamente rivolto alle società preindustriali e alla cultura vernacolare.
Parleremo di città e di mobilità con Federico Ferrazza, direttore di Wired, che ha un punto di vista di uomo di scienze, e non di architetto o di urbanista, e ha studiato molto il tema.
Infine per la rassegna Città/Mondo, quest’anno parliamo di Parigi con Umberto Napolitano, co-fondatore di LAN Architecture”.