Il Castello Sforzesco di Milano ospita “Ca’ Brütta 1921 – Giovanni Muzio Opera Prima”, mostra ideata e prodotta da Giovanni Tomaso Muzio, responsabile dell’Archivio Muzio, e da Giovanna Calvenzi, in occasione del primo restauro conservativo che ha restituito l’edificio al suo originario racconto. Un intreccio di saperi che si apre sulla società e si interroga sulla natura della collettività in una città in espansione.
Fondatore del “Movimento Architettonico-Urbanistico di rinnovamento in Lombardia”, Giovanni Muzio nel corso del Novecento progetta a Milano oltre 50 opere, che segneranno profondamente la città, qualificandone il tessuto in una visione nuova.
Ca’ Brütta, tra via Moscova e via Turati, non è solo la sua opera prima, ma è il primo manifesto di una visione unitaria del rapporto tra edificio e città. La mostra, in un dialogo tra progetto, disegno e fotografia, si snoda in due sezioni.
La prima – allestita nella Sala del Tesoro – offre un’ampia rilettura storica dell’opera, sintesi ideale del rapporto tra “piccola città” e “grande casa”, integrando la documentazione dell’Archivio Muzio con materiali dell’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, del Civico Archivio Fotografico e della Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”.
La seconda – nella Sale Viscontee – presenta un grande album fotografico che raccoglie i risultati di una nuova, inedita missione fotografica, che ha coinvolto 30 autori, da Gianni Berengo Gardin a Giovanni Gastel, impegnati a rileggere e interpretare Ca’ Brütta nella sua unità e nella sua infinita ricchezza di dettagli, dagli esterni agli interni, da chi la vive o la attraversa, permettendo al pubblico di impossessarsi della poetica che l’edificio ancora oggi riesce a trasmettere.
Collegano il percorso le immagini di Ugo Mulas e Gabriele Basilico, che in diversi anni hanno fotografato a più riprese l’edificio di Giovanni Muzio, architettura simbolo del Novecento a Milano.
In mostra, un video ripercorre l’intervento di restauro che ha riportato Ca’ Brütta al suo originario splendore. Il lavoro di squadra tra committenza, direzione lavori, supervisione artistica e le imprese ATI Teicos – Gasparoli – Formica, che hanno eseguito i lavori, ha permesso di ritrovare le colorazioni originali dell’edificio, restituendo a Milano un’icona dell’architettura novecentista.