Nella città di Mindelo sull’isola di São Vicente a Capo Verde, sulla costa occidentale dell’Africa, il nuovo Centro Nacional de Arte, Artesanato e Design (CNAD) si propone come un progetto di rigenerazione partecipata a tutto tondo, per lo sviluppo della cultura di artigianato artistico locale ma anche per la ricerca sul design contemporaneo

“Ricordi quel giorno in cui venne ritrovata la nave cargo arenata davanti a San Nicolau? Centinaia di barili pieni di sintetizzatori musicali senza traccia dell’equipaggio. Partita da Baltimora e diretta a Rio de Janeiro per l’Esposizione Mondiale del Suono Elettronico nel 1968. Che mistero!”.

“Si, ricordo che Amílcar Cabral fece distribuire quei sintetizzatori nelle scuole che avevano elettricità. Continuo a pensare che l’indipendenza del 1975 sia il frutto anche di tutti quei ragazzini smanettoni incuriositi da quegli strani oggetti che sferzarono l’innato senso del ritmo capoverdiano”.

Seduti su una panchina alberata di Rua Angola, Steven e Zeferino conversano su quanto sia cambiata Capo Verde negli ultimi anni, di quanto sia buona la cachupa di pesce e dei tempi in cui costruivano barche di legno per i pescatori in cerca di tonni.

Quelli erano gli anni in cui la giovane Cesária Évora, 'la diva a piedi nudi', si esibiva insieme al fratello sassofonista Lela nella piazza che sarebbe stata nominata Piazza Amílcar Cabral, nel centro di Mindelo, sull’isola di São Vicente, dopo l’assassinio del grande leader politico.

Oggi, nella stessa piazza, apre il CNAD, il nuovo Centro Nazionale per l’Artigianato, l’Arte e il Design di Capo Verde.

Un’opera predestinata, un’icona architettonica che influenzerà il futuro culturale di questi dieci scogli africani, orgoglioso approdo di rivendicazione politico-identitaria e musica. “Il progetto museale nasce da un sogno visionario”, spiegano gli architetti Eloisa Ramos e Moreno Castellano.

“Una vecchia casa coloniale con un ruolo importante nella storia di Mindelo e un vecchio edificio sul retro, separati da un patio, sono diventati un’opera pubblica artigianale costruita a mano dal popolo per servire il popolo e tenere viva la sua identità”.

Eloisa e Moreno sono architetti impegnati, contadini che solcano la terra arida con aratri rudimentali, da anni la irrigano con germogli di architettura poetica.

Dall’Aquiles Eco Hotel di San Pedro passando per il Terra Lodge di Mindelo fino al Mami Wata Eco Village di Cruzinha, sentinella di frontiera sulla scogliera occidentale di Santo Antão, hanno riconsegnato all’architettura la sua funzione primaria: hanno dormito sotto le stelle per conoscere il genius loci, con i suoi venti e i suoi cambiamenti d’umore, hanno disegnato e costruito a mani nude insieme a muratori, falegnami, fabbri e contadini locali l’imperfezione di opere perfette.

Nel CNAD hanno riciclato 2532 tappi di barili metallici, gli stessi che trasportavano sintetizzatori, cibo, vestiti e, a volte, esseri umani in cerca di una vita migliore.

Memoria d’ingiustizia e schiavitù, ed eco di una colonizzazione che ancora lascia tracce profonde.

I barili sono stati rivettati, sabbiati e verniciati manualmente, uno a uno. Come i pori della nostra pelle, sono stati collocati su una maglia metallica creando una doppia facciata ventilata.

Il museo respira così attraverso il controllo passivo della temperatura interna, priva di aria condizionata, con le calotte circolari che possono essere ruotate come persiane attraverso delle cime nautiche, consentendo la modulazione della luce interna e dei flussi d’aria.

Inimitabile esemplare di pointillisme architettonico in facciata, il CNAD nasconde uno spartito musicale felice come l’Africa liberata e ogni colore corrisponde a una nota musicale.

“Volevamo giocare col il fenomeno percettivo della sinestesia e abbiamo invitato a collaborare Vasco Martins, importante compositore e polistrumentista capoverdiano, che ha scritto la musica dietro i colori, rendendo così omaggio alle tradizioni musicali delle isole e trasmettendo gioia musicale visiva alla piazza”, continuano.

La policromia mobile esteriore nasconde all’interno del nuovo edificio museale una monocromia diafana in cui le pareti di supporto e gli infissi bianchi si alternano secondo lo scheletro strutturale dell’edificio preesistente su pavimenti in cemento lisciato.

Il primo livello, aperto su strada e sul patio che collega la casa coloniale ristrutturata con galleria, bar e negozio, accoglie le esposizioni temporanee dedicate all’artigianato locale.

Il secondo livello è dedicato alle opere di Alex da Silva, affermato artista capoverdiano, i cui ritratti rappresentano figure brutalizzate e agonizzanti, ma fiere: “Il corpo degli schiavi viene abusato ma il loro spirito rimarrà per sempre libero”, ribadiva.

Eloisa e Moreno, molto amici di Alex, morto prematuramente, concordano che consapevolezza e memoria identitaria sono gli unici precursori della libertà.

Collocano così la biblioteca nel terzo livello, la sala studi al quarto e infine all’ultimo l’ufficio, dal quale si può abbracciare l’intera baia
di Mindelo.

Foto e testo di Sergio Pirrone