Sono in mostra a Milano (ADI Design Museum - fino al 17.11) e poi a Roma (dal 25 al 30.11), i 219 prodotti selezionati per l'ADI Design Index 2024 che concorreranno - insieme a quelli della prossima edizione - al Compasso d'Oro 2026

La presentazione dell’ADI Design Index 2024 è sempre un evento affollato e testimonia come l’ADI sia, dopo settant'anni, ancora un punto di riferimento per il mondo del design italiano.

E non è un dato scontato, perché l’esistenza di un’associazione, di un premio che ha rilevanza internazionale e di un Osservatorio che raccoglie e soppesa migliaia di progetti ogni anno è per molti versi una garanzia di continuità nella cornice di un cambiamento epocale. E il volano per molte riflessioni sul made in Italy, sia da un punto di vista istituzionale che culturale.

ADI Design Index: un libro da leggere dall’inizio alla fine

L’ADI Design Index quindi è innanzitutto una mostra da vedere. Sarà a Milano al Museo del Design fino al 17 novembre, per poi proseguire in una tappa romana dal 25 al 30 dello stesso mese.

ADI Design Index 2024 è anche un libro importante. E come tale andrebbe letto, non solo sfogliato per guardare le figure, cosa che tendiamo a fare. Un po’ perché per molto tempo il design italiano è stato rappresentato attraverso lo stile e la maestria manifatturiera delle aziende dell’arredo. E quindi un rapido sguardo da parte della design community e degli appassionati era sufficiente.

Un po’ perché un tempo i testi e le didascalie dicevano davvero poco di come l’intelligenza applicata all’industria e all’artigianato stesse diventando uno strumento sistemico necessario, ancora una volta, a evolvere.

Il salto del design da disciplina creativa a metodo di pensiero è stato pervasivo e manifesto ma difficile da intercettare e raccontare per un’associazione che si è sempre occupata sostanzialmente di prodotti. L’edizione 2024 dell’ADI Design Index però è diversa.

Lo spiega anche l’introduzione da parte del Comitato Scientifico: "In questo percorso la progettazione (o riprogettazione) di prodotti e tecniche di produzione, l’attenzione all’uso di facilmente riciclabili o riutilizzabili e il focus sulla disassemblabilità (per favorire la riparabilità) sono al centro di quasi tutti i lavori selezionati, molti dei quali sono stati innesco di processi più generali di riorganizzazione delle imprese.

Già, perché la complessità portata dalla sostenibilità sta scardinando a monte anche i modelli organizzativi a cascata delle imprese verso modelli orizzontali e collaborativi”.

L’Osservatorio dell’ADI ha selezionato 219 progetti che raccontano un’industria più orizzontale e collaborativa

I 219 progetti selezionati dal comitato scientifico dell’Osservatorio Permanente dell’ADI sono il racconto dei racconti del contemporaneo. Evidenziano problemi, anche emergenti, e cercano risposte. I designer si confrontano con ogni tipo di crisi, sociale, ambientale, economica e antropologica.

Il mondo chiede molto, ultimamente. Dal punto di vista umano e, di conseguenza, progettuale. Ma la raccolta di progetti intelligenti dell’ADI Design Index dimostra che ci ci stiamo provando. O che abbiamo malgrado tutto la capacità di insistere.

Con implacabile pazienza e caparbietà il Design Index narra cosa stiamo facendo e, in linea di massima, contiene delle buone notizie. È un volume da studiare per meravigliarsi e comprendere di quanto e come l’industria e la realtà manifatturiera di piccole e grandi imprese stia concretamente cambiando.

E quanto e come il design sia oggi una disciplina capace di strutturare un pensiero ampio e collaborativo in grado di dare risposte, anche solo parziali e non definitive, su temi sociali e ambientali. Non è solo una questione di sostenibilità, ambito in cui il progetto è stato e continuerà a essere fondamentale per modificare i processi di produzione e per sfruttare in modo razionale l’evoluzione tecnologica.

È soprattutto una questione di scenari mentali, di posizioni etiche e culturali.

Lo dimostrano i numerosi libri, ricerche, mostre, progetti di design per il sociale e per l’inclusione raccontati dall’Index. Perché parlano di un mondo che si interroga a volte ferocemente sullo status quo, mettendo in discussione il modo in cui abbiamo sempre fatto le cose e proponendo soluzioni più razionali. Facilitate sicuramente dalla presenza massiva di una tecnologia abilitante, ma anche dalla disponibilità, non così scontata, a cambiare in meglio.

Luciano Galimberti, presidente ADI: “Credo che sia giusto dichiarare i criteri di selezione”

“Troppo spesso la qualità viene identificata come un termine assoluto, ma la società contemporanea non può accontentarsi di un termine generico. Se la qualità del design italiano deve essere un fattore distintivo deve essere misurabile, perché ha una responsabilità enorme nel quadro internazionale.

Per ADI sono t i fattori fondamentali: i materiali, perché meno se ne utilizzano più i prodotti sono riparabili e più si risparmiano risorse.

L'imballo: una questione arrivata in ritardo rispetto al grande tema della produzione, ma riguarda una parte significativa di quello che si produce. Il progetto: una parte fondamentale di analisi che riguarda la metodologia, le risorse, l'attenzione agli utenti fragili, la relazione fra estetica e funzione.

Sommati questi fattori sono in grado di misurare come si produce qualità, dando ormai per scontate una serie di caratteristiche che in passato sono stati dei manifesti per una visione nuova del design”.