Dal 5 al 20 agosto, negli spazi di un ex Frantoio Oleario a Ostuni, c'è Cantiere, un progetto di dialogo espositivo tra tre autori pugliesi che mette insieme architettura, arte e fotografia

“Quest’estate, a Ostuni, vorremmo fare una grande festa, in occasione dei nostri vent’anni di attività”. Così mi raccontavano, circa sei mesi fa, i Flore&Venezia, architetti della Città Bianca che hanno segnato, con i loro progetti di trulli, ville e masserie, un nuovo stile di architettura mediterranea, orgogliosamente made in Salento.

Invece hanno cambiato idea.

E hanno pensato di festeggiare il loro anniversario con un progetto più ambizioso: un dialogo espositivo tra tre autori, tutti pugliesi, che hanno contribuito con il loro lavoro, a dare visibilità alla loro bellissima regione nel mondo.

Cantiere, una mostra a all’ex Frantoio Oleario di Ostuni

La mostra si chiama CANTIERE, perché si svolge in un cantiere all’interno dell’ex Frantoio Oleario di Ostuni, la Città Bianca, in questi ultimi anni particolarmente gettonata da turisti, vip e stilisti come Dolce & Gabbana che a luglio hanno messo in scena la loro sfilata di Alta Sartoria Maschile.

Cantiere dicevamo, perché ai Flore&Venezia è stato affidato il compito di ristrutturare questo mirabile edificio degli anni Trenta oramai pressoché fatiscente (ancora la destinazione d’uso non è stata rivelata), prima però volevano condividerlo con altri due amici artisti, il fotografo di moda Giampaolo Sgura e l’artista Angelo Filomeno, e poi con tutti coloro che andranno a visitare la mostra.

“Volevamo che il nostro lavoro di architetti, appassionati di arte” racconta Rosanna Venezia, “si confrontasse con quello di Giampaolo Sgura, fotografo di moda attivo in tutto il mondo, che da bambino sognava di fare l’architetto e con Angelo Filomeno artista visivo, un poeta che si esprime con il ricamo”.

Un sottile intreccio di relazioni, aspirazioni e sogni tradotti in disegni architettonici realizzati a mano (dagli architetti), “prima della tecnica c’è sempre un gesto emozionale”, spiega Aldo Fiore; in arazzi, con fili iridescenti e preziosi (da Angelo Filomeno) che segnano i piani delle sue composizioni, spesso con architetture e paesaggi impossibili e con immagini (Giampaolo Sgura), dove i soggetti sono toccati da una luce morbida che amplifica il momento seducente tra fotografo e modello, quel momento irripetibile che rappresenta l’inizio di un racconto e di un sogno.