Quello che però appare già evidente è come l’attuale fase metastabile stia plasmando il design secondo due grandi attrattori culturali, quello del passato solido da un lato e quello del futuro immateriale dall’altro, che lo ‘stirano’ in direzioni opposte.
Lo si vede bene nei vasi Cube disegnati da Gabriella Asztalos per Fendi Casa, in cui bolle di ispirazione organico-equorea (elemento biologico organolettico) sono incassate su un teorema vistosamente razionale (elemento strutturale artificiale), in modo da farne risaltare la giustapposizione.
Proprio questo è infatti il punto: non quale delle due polarità sia prevalente, ma come nella loro contrapposizione si fronteggino il fronte della sublimazione digitale dell’oggetto e quello della resistenza inerziale delle sue radici antropologiche, un tiro alla fune culturale ben rappresentato dal sistema d’arredo con cui Gustavo Martini ha vinto il Wallpaper* Design Award 2018.
The Grove (questo il nome del progetto del giovane talento brasiliano, che ha studiato e lavora in Italia) presenta una composizione sdoppiata su due livelli, in cui quello inferiore accoglie l’afflato moderno e cartesiano dello slancio verso il futuro, mentre quello superiore si fa carico del portato rugoso del passato pre-industriale della cultura umana.
Da sottolineare, anche, come il posizionamento delle due fasi, con quella più pesante in alto e quello più leggera in basso, rispecchi lo stato metastabile in cui si trova oggi il design, aggettante verso un nuovo futuro ma ancora sensibile al richiamo imperioso dell’origine.
Ci sono poi oggetti, come le lampade Spigolo per Nemo e Terra-Cielo per De Padova, entrambe disegnate da Studiocharlie, la cui chiave di lettura si colloca su un livello ancora più sofisticato; in esse una delle due polarità, quella del razionalismo di sintesi, evoca, senza bisogno di mostrarla, la sua opposta del misticismo ancestrale, innescando un meccanismo semiotico di grande raffinatezza in cui il segno vettoriale di ordine geometrico viene spinto a un tale livello di purezza da far risuonare il silenzio soprannaturale delle cose.
E proprio qui, forse, più ancora che nei progetti a contrapposizione esplicita, diventa chiaro come l’evoluzione dell’estetica dallo stadio metaforico allo stadio letterale – da qualità simbolica a qualità digitale – comporti un processo di ‘secolarizzazione’ dell’oggetto in cui gli antichi superpoteri narrativi vengono sostituiti dai nuovi superpoteri wireless.