Importanti aziende italiane del settore arredamento scelgono sempre più frequentemente designer giapponesi per interpretare la loro identità alla ricerca di un inedito punto di vista. Ecco le star contemporanee che qui raccontano un legame introvabile in altre parti del mondo.

 

TOKUJIN YOSHIOKA

Dopo avere fondato il suo studio nel 2000, Tokujin Yoshioka si fa conoscere in Italia grazie ad arredi che sperimentano i materiali, come la sedia pieghevole totalmente in carta Honey-pop e la seduta Pane, cotta in forno come un prodotto lievitato.

Nel 2004 esce il suo primo prodotto per Driade. “In Italia”, racconta Yoshioka, “sono venuto la prima volta vent’anni fa quando stavo realizzando un progetto a Parigi per Issey Miyake. Il primo incontro con un marchio del design italiano è avvenuto successivamente, nel 2000, e questo mi ha aperto altre opportunità.

Lavoro soprattutto con le aziende dell’area milanese; assieme sfidiamo la scena mondiale con idee e tecniche innovative. E condividiamo questa gioia.

L’Italia è l’unico Paese dove è possibile discutere e sviluppare l’innovazione direttamente con gli amministratori delegati delle aziende. La qualità delle realizzazioni, poi, è molto alta e radicata su processi sperimentali.

Penso che queste creazioni, sempre impegnative, siano molto stimolanti. A me chiedono semplicità espressiva e un metodo chiaro”, prosegue il designer. “Poter essere libero è ciò che più apprezzo nella progettazione per le imprese. E qualcosa di nuovo nasce sempre quando ho la possibilità di applicare il mio approccio personale nella collaborazione con loro”.

Il design di Yoshioka ha qualcosa di magico, racchiude vitalità in oggetti inanimati, come nella nuova collezione di lampade Planet per Kartell che sembra immobilizzare l’energia della luce, o nel sistema di partizione Prism per Glas Italia che trasforma la percezione dell’ambiente circostante.

Il suo operato rappresenta una traccia precisa del design giapponese: il non avere una forma ma esprimere il mutamento. “Quest’anno ho presentato dei progetti non soltanto liberi nello spirito ma anche funzionali. L’arte richiede di essere aperti nell’idea e nella creazione e anche grande energia per entrambi i momenti. Il design può rendere possibile l’impossibile anche nelle sue limitazioni. Ho cercato con questi oggetti di oltrepassare il limite che avevo raggiunto nel mio percorso professionale”, conclude Yoshioka.

 

SETSU E SHINOBU ITO

Sono le occasioni di lavoro con i maestri del design italiano che portano Setsu Ito a Milano, dapprima con lo Studio Alchimia nel 1989 e poi con Angelo Mangiarotti. Nel 1995 apre il suo studio di cui diventa socia Shinobu. Attualmente progettano con più di 70 aziende italiane in vari ambiti.

Cruciale l’incontro con Domenico Guzzini della Fratelli Guzzini nel 1998. In generale, è il rapporto umano ciò che Setsu e Shinobu Ito apprezzano di più e considerano unico nelle aziende nostrane. Dall’altro canto, commenta la coppia Ito, “ciò che ci è maggiormente richiesto è la simpatia e la sincerità, o meglio, la schiettezza del modo di fare italiano unita alla serietà e alla precisione del modo giapponese.

Dal punto di vista progettuale, in Italia si trovano produttori, tecnici e artigiani geniali che ci aiutano molto nell’implementazione. Anche in Giappone ci sono tecnici e artigiani molto bravi, ma rimangono nel proprio ruolo e non scambiano le idee con i designer”.

C’è un modo italiano di fare design e uno giapponese? “Quello italiano”, rispondono i designer, “si esprime nelle meravigliose e sporadiche idee dei singoli, mentre quello giapponese nel lavoro collettivo con chiare divisioni di ruolo e un programma pianificato. Il primo è sicuramente più portato a individuare nuove soluzioni”.

Il tratto della cultura giapponese più presente nel loro operato sono i concetti di natura e universo. La natura, che opera da sé i processi di creazione e che la forza dell’uomo non può controllare, esprime universalità, ripetitività e fatalità.

Le opere concepite con questi fondamenti richiamano completezza e necessità. Confluiscono nel progetto anche stagionalità, clima e ambiente, così come il concetto di relazione delle persone con la natura e la comunità sociale”. Quest’anno Setsu e Shinobu Ito hanno presentato un tavolo per Riva 1920, rinsaldando una collaborazione che dura da decenni.

Mentre per il marchio Désirée del Gruppo Euromobil, con cui hanno instaurato tre anni fa un rapporto lavorativo, hanno presentato un letto, una serie di tavoli e un tavolino. Nuove le collaborazioni con Adrenalina e la Staygreen di Venezia.

 

NENDO

Classe 1977, Oki Sato si conferma uno dei designer più conosciuti e prolifici nel panorama internazionale del design. Poco dopo la laurea, nel 2002, ha fondato a Tokio lo studio Nendo e ne ha aperto uno a Milano nel 2005.

In Italia viene quasi per caso dopo il diploma, partecipa al Salone Satellite nel 2003 riscuotendo un immediato interesse per i progetti capaci di unire pragmaticità a una dimensione onirica. Giulio Cappellini e Maddalena De Padova gli offrono subito la possibilità di collaborare e, sostiene Oki Sato, gli “insegnano che cosa sia il design”.

“Questa la premessa che mi ha portato a vivere le relazioni lavorative con le aziende italiane come un legame personale e famigliare”. Il primo progetto con imprenditori nostrani è stato lo sgabello Ribbon per Cappellini nel 2007, caratterizzato da una fettuccia in acciaio che ricorda l’allacciatura delle scarpe da danza classica.

Ma cosa si aspettano le aziende italiane da Nendo? “Che reinterpreti i loro tratti unici e la loro personalità attraverso le mie lenti. Una sorta di visione ‘tipicamente Nendo’ dei valori intrinseci del marchio”, spiega Sato. “Progettare ‘alla giapponese’ significa progettare per sottrazione. Immaginiamo di avere una piccola rientranza. Anziché coprirla con lo stucco e farla perfino affiorare, si può assottigliare l’intera area in modo accurato, limandola con la carta vetrata finché la rientranza non risulti più visibile.

Il tratto giapponese che può essere rintracciato nel mio lavoro è la ricerca dell’Invisibile. In termini progettuali, la cultura nipponica è per sua natura tesa a visualizzare l’invisibile come il passaggio del tempo, l’emozione o la memoria. È difficile spiegare questa attitudine, ma è certamente un aspetto a cui pongo l’attenzione nei miei progetti”.

Continua la collaborazione con Cappellini, per il quale quest’anno ha progettato il tavolino Tangle, definito da una gamba arricciata che può avvolgere quella del tavolo a fianco. Caratterizzati dal movimento anche lo sgabello Sag per MDF Italia, la cui base ha la fluidità della stoffa all’aria, e la collezione in marmo di Carrara per Marsotto Edizioni, dove la pietra sembra prendere vita.

 

MIST-O

All’insegna del mix tra Oriente e Occidente, il duo Mist-o ha presentato quest’anno per Living Divani una collezione di tappeti e una panca che fanno riferimento diretto alla tradizione dei kimono e dei templi Shinto.

A dimostrazione che l’ibridazione dei segni, consapevole dei riferimenti culturali che racconta, è un esperimento progettuale foriero di sorprese. Formati allo IED di Milano, dopo un’esperienza da Chipperfield Architects nel caso di Noa Ikeuchi e da Palomba Serafini Associati in quello di Tommaso Nani, i due designer fondano il loro studio a Milano nel 2010.

Non pochi i clienti che annoverano nella relativamente giovane vita professionale, tra cui AgustaWestland, Antolini, Cappellini, Frag (con cui debuttano quest’anno con il tavolo Atelier), Living Divani, Oluce e Tod’s. “Lavoriamo solo con aziende e persone con le quali possiamo avere un dialogo profondo, ci interessa molto l’aspetto umano e di scambio reciproco”, spiega il duo.

“Viene apprezzato il fatto che abbiamo uno sguardo contemporaneo a 360 gradi e un carattere personale. Riusciamo a connettere realtà molto lontane tra loro, con l’obiettivo di ottenere una visione inaspettata. Il carattere italiano e quello giapponese sono molto mischiati nel nostro lavoro, per questo il risultato non è banale. Diciamo che uno si è un po’ giapponesizzato, l’altro italianizzato. Tommaso risiede in Giappone buona parte dell’anno, mentre Noa in Italia ci vive da undici anni”.

Il sodalizio nello studio è nato durante gli studi a Milano: è nata prima un’amicizia. Quello che, a livello lavorativo, ognuno ha trovato nell’altro è un interlocutore curioso e interessato e con uno sguardo sul mondo diverso dal proprio.

Mist-o collabora per aziende sia italiane che giapponesi: “Con le realtà italiane spesso il processo di lavoro è molto organico e anche imprevedibile. Si arriva a un risultato che può essere diverso da quello ipotizzato in partenza. Con le aziende giapponesi, invece, bisogna prepararsi molto in partenza e calcolare ogni imprevisto prima possibile. E avere chiaro in mente quello che si vuole ottenere.

In entrambi i casi si sperimenta e si inventa, ma gli italiani solitamente tendono a creare il percorso mentre lo percorrono, i giapponesi lo pianificano. Fortunatamente in Italia ci sono ancora molte realtà con una qualità progettuale e uno spessore culturale che difficilmente si trovano altrove e che sono disposte ad ascoltare la voce di designer anche giovani”, concludono i due progettisti.

 

NAOTO FUKASAWA

Dare forma ai valori che la gente condivide e desidera è l’assunto sotteso al design di Naoto Fukasawa. È forse l’universale ricerca dell’essenziale che lo ha reso internazionalmente conosciuto e richiesto in molti settori del progetto.

In Italia approda nel 2005 e inaspettatamente, pur non essendo ancora noto nel Paese, inizia a lavorare con cinque ‘big’ del calibro di B&B Italia e Driade. “Le aziende di qualità italiane sono sempre alla ricerca di persone che si adattino alla loro identità e progettino per i loro marchi”, racconta Fukasawa.

“Vista la dimensione del settore, è probabile che sia il passaparola a individuare il nuovo designer del momento. Non sono sicuro, ma credo che sia accaduto così anche a me perché sono stato contattato da più aziende nello stesso momento. E penso che il mio lavoro abbia rispettato le loro aspettative, perché continuiamo a collaborare insieme.

Cerco di stabilire delle relazioni durevoli che non si basino sul singolo prodotto ma su progetti continuativi per il top level nel mondo. Dei marchi italiani apprezzo la devozione, l’ossessione e i principi che non sono solo applicati al design ma alla vita di tutti i giorni”.

A oggi Fukasawa collabora con Aboutwater, Alessi, Artemide, B&B Italia, Boffi, Danese, De Padova, Driade, Glas Italia, Magis e Plank. Ma qual è la caratteristica del design giapponese che può essere rintracciata nei suoi progetti?

“L’alta qualità del prodotto. In generale, sono più attento all’uomo e alla natura quali parti integranti dell’ambiente, piuttosto che all’aspetto culturale del progetto. Il design giapponese è soprattutto onesto: non cerca di realizzare opere d’arte, espressione del singolo, piuttosto ricerca il costante affinamento del prodotto e tenta di risolvere problemi per rendere la vita migliore”.

Quest’anno Fukasawa ha confermato le sue durature collaborazioni: per B&B Italia ha messo a punto le sedute Papilio Shell caratterizzate dalla forma a guscio, con Glas Italia ha realizzato il tavolino in vetro Narcissus, per Driade ha progettato la sedia Ten e il tavolo Ci, e con Magis ha sviluppato le sedie in legno e polipropilene Substance.

Testo di Valentina Croci

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Naoto Fukasawa
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Pensata per la casa ma anche per il contract, Papilio Shell by Naoto Fukasawa è una seduta che amplia la collezione progettata per B&B Italia nel 2015.
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La poltrona Ten (cielo in giapponese) di Naoto Fukasawa per Driade è caratterizzata da una forma avvolgente e un design senza tempo.
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La panca Inari by Mist-o per Living Divani è composta da lastre in metallo curvato che richiamano i portali Torii dei templi Shinto giapponesi.
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Fa parte della collezione Atelier per Frag il tavolo di Mist-o con piano in cemento o pietra appoggiato su cavalletti in metallo dal profilo geometrico.
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Mist-o
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Lo sgabello Sag di Nendo per Mdf Italia è caratterizzato da una struttura di sostegno concava che richiama un lembo di stoffa sospesa nell’aria.
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Il tavolo Tangle di Nendo per Cappellini presenta una gamba ritorta che si attorciglia attorno a quella del tavolo adiacente, come le gambe della ballerina di tango. Foto: Akihiro Yoshida.
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Nendo
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Il sistema modulare Maji di Setsu&Shinobu Ito per Adrenalina è pensato per l’ufficio e i luoghi d’attesa.
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Il tavolo Ku’ki di Setsu&Shinobu Ito per Riva 1920 è realizzato con piano in massello e struttura in metallo leggera come l’aria, come indica il nome giapponese.
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Setsu e Shinobu Ito
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La seduta in carta Honey-Pop, il primo prodotto che Tokujin Yoshioka ha presentato in Italia (2002).
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La lampada Planet di Tokujin Yoshioka per Kartell, una sfera che vive di rifrazioni (2016).
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Tokujin Yoshioka