The Times They Are A-Changin’, canta Dylan il bardo. E la sua voce sembra sorvolare, come la colonna sonora di un film, il pacifico e verdeggiante lembo di terra situato in località Pratolungo, frazione di Pettenasco, che declina dolcemente verso il lago d’Orta, affacciandosi sull’isola di San Giulio, custode della storia di questo territorio collinare e montuoso, a nord del Piemonte.

È qui che Alberto Alessi, presidente della Alessi spa, ha scelto di restaurare un’antica tenuta agricola denominata Villa Fortis, le cui origini risalgono al XVII secolo, quando la proprietaria, una certa Eugenia Fortis, diede il nome alla Cascina detta Eugenia, preesistenza documentata ai tempi della dominazione austriaca nei rilievi del catasto dell’imperatrice Maria Teresa del 1723.

La primitiva cascina è stata poi incorporata in un complesso di fabbricati la cui configurazione definitiva risale più o meno agli inizi dell’Ottocento. Solo i terreni di pertinenza hanno subito qualche rimaneggiamento e occupano attualmente una superficie di circa 6 ettari. “Quando ho acquistato la proprietà – ricorda Alessi – gli edifici erano in stato di abbandono e i terreni inselvatichiti”. Così, nel 2001, ha avuto inizio la lunga e laboriosa messa a punto del progetto di recupero del complesso, con il proposito di destinarlo in parte a residenza e in parte alla produzione e all’invecchiamento del vino, riqualificandone i terreni annessi mediante il ripristino della viticoltura, realizzata secondo i principi della biodinamica, e dando così un segnale forte in ordine alla valorizzazione del territorio in chiave sostenibile. Per la parte architettonica, il progetto è stato affidato ad Alessandro e a Francesco Mendini con Alex Mocika, che ne ha seguito direttamente le varie tappe, affiancati da Eduardo Hess e Paivi Viiki, esperti di feng shui. Per quella vitivinicola, all’agronomo Patrizio Gasparinetti con la consulenza del francese Jacques Mell, responsabile per la biodinamica. “Si è trattato di un restauro quasi filologico. Peraltro, possiamo parlare di una filologia molto complessa, perché questo gruppo di edifici ha subito nei secoli molte modifiche e adattamenti che ci hanno indotti a compiere una rilettura più libera”, spiega Francesco Mendini. Tra le varie raccomandazioni delle sovrintendenze coinvolte vi era anche quella di “mantenere il più possibile dei muri originali”. Ma, non essendovi fondazioni, si è dovuto scavare tutto intorno per costruirle. E, scavando, le pareti, fatte di terra, sassi e un po’ di calce, si sgretolavano inesorabilmente. “Tutte le pietre originarie della costruzione – puntualizza Alessandro Mendini – sono state scrupolosamente recuperate. La gran parte di esse è stata riutilizzata per la realizzazione dei muretti di cinta del giardino, dei davanzali e della scalinata”. Il briefing di Alberto Alessi era molto chiaro e telegrafico: “Semplicità, funzionalità, feng shui, vista sull’isola di San Giulio, comunicazione visiva e acustica tra tutte le parti della casa”. E così è stato. “Noi, qui, non abbiamo usato uno stile – conferma Mendini – abbiamo assecondato un’antropologia di semplicità. Potremmo definirlo come un progetto di estrema calma che, pur distaccandosi dalle nostre consuetudini, ci ha dato grande soddisfazione”. Dal portale d’ingresso della proprietà si discende la stradina fiancheggiata da castagni che conduce al complesso e subito si vedono i vigneti, che occupano una superficie di circa 20.000 mq., tra filari di chardonnay e pinot noir. Costeggiando l’edificio della foresteria, si arriva all’ingresso principale dell’abitazione, articolata su due livelli più mansarda (circa 400 mq di superficie totale), varcato il quale, sulla destra, si incontra un grande pannello in legno di Tabu con disegno ad intarsio geometrico di Alessandro Mendini che incornicia la porta dello studio della moglie Laura, maître de chais: ruolo svolto con la complicità e l’entusiasmo della giovane e brava enologa Monica Rossetti. Scendendo pochi gradini si accede al grande soggiorno open space a pianta rettangolare, con camino in pietra e in legno di castagno ricavato, come il lungo tavolo da pranzo centrale – un’idea di Alberto Alessi – il tavolo esterno e la libreria al piano superiore, dal taglio di alcuni alberi giunti a fine vita e cresciuti nella proprietà. La parete di sinistra, quella a monte, è occupata da un’armadiatura in cristallo e legno di rovere di Valcucine. Di fronte, si aprono le finestre con vista sul terrazzamento a giardino. Dalla parte opposta è situata l’area deputata alla preparazione e alla cottura dei cibi, con l’isola a mezza luna di LaCucinaAlessi in versione tailor made. Da qui, attraverso una porta a vetri, si raggiunge la luminosissima spa con piscina, di circa 200 mq. Sempre dall’angolo cucina, varcando un’altra porta, è possibile accedere direttamente alla retrostante cantina, lo chais, di invecchiamento dei vini, dove c’è la barricaia, circa 300 mq., e, uscendo da questa, all’annesso cuvier, dotato di soppalco per la diraspatura e la pigiatura dell’uva. Al piano superiore dell’abitazione si giunge salendo una scalinata in pietra riciclata che conduce dapprima ad una libreria, affacciata a corte sul livello inferiore, quindi, alle camere da letto. Salendo ancora, si accede alla mansarda, dove spiccano mobili d’autore della collezione personale del padrone di casa. Infine, inerpicandosi su una scaletta a chiocciola in ferro battuto, si raggiunge la torretta, dalla quale si può godere di una vista mozzafiato sul paesaggio circostante. La potremmo definire un’architettura “a chilometro zero”, considerato che parte del materiale impiegato per il restauro è stato ricavato dai resti del vecchio complesso agricolo, e parte proviene, comunque, dalla tradizione costruttiva locale: un esempio virtuoso di edilizia a basso impatto ambientale. I lavori non sono ancora del tutto ultimati, manca ancora qualche dettaglio da completare, ma i pensieri di Alberto Alessi sono tutti per il suo Domaine. Entro quest’anno dovrebbe aggiungersi un terzo ettaro vitato. Ed entro il 2012, anno in cui è prevista la presentazione ufficiale dei vini di Terra–ae, la produzione dovrebbe essere pari ad almeno 8000 bottiglie. Ma che succede a questo innovatore per eccellenza, non sarà mica diventato un conservatore, seppur illuminato? “Qui, come in fabbrica – risponde Alessi – mi sento come un buon giardiniere: sensibile attento e paziente. Il buon giardiniere semina, sì, quello che crede utile, ma soprattutto prepara bene il suo campo per accogliere le nuove messi e se ne prende attenta cura quando cominciano a spuntare i primi germogli… E sa di poter contare molto anche sui semi inaspettati che gli porterà il vento…”. Una metafora efficacemente illustrata nella nuova interpretazione del Triennale Design Museum di Milano, curata dall’imprenditore piemontese e dedicata alle “fabbriche del design italiano”.