Sono sempre più numerosi gli oggetti, in particolare d’arredo, che si contraddistinguono per l’abbinamento di linee finemente sottili a blocchi materiali di taglio ‘architettonico’.

È il caso, innanzitutto, della collezione Kaari dei fratelli Bouroullec per Artek, che oltre a costituire la prima collaborazione del duo francese con lo storico marchio finlandese fornisce il primo esempio di alto livello riconducibile a questo nuovo linguaggio. La collezione presenta infatti un originale sistema costruttivo ibrido composto da fasce di legno e bande d’acciaio, i cui precedenti risalgono alle sperimentazioni di Aalto con la tecnica di piegatura degli sci applicata al paradigma dell’oggetto a struttura geometrica introdotto in quegli anni da Rietveld e Breuer.

Ciò che caratterizza il ‘design sottile’ è, in effetti, proprio la capacità di riassumere in un segno fresco e immediato un intero percorso di storia del design, quello delle diverse anime del moderno, non celebrandolo con toni nostalgici ma immettendolo con intatta vitalità nel ventunesimo secolo.

Progetti come il tavolo Black Landscapes di Noam Dover e Michal Cederbaum, la collezione Y di Jordi Lopez, i tavolini del giovane Francesco Meda (figlio di Alberto), così come le lampade Loop di Roberto Giacomucci e Focal Point di Chifen Cheng (Designlump), esibiscono elementi affilati ai limiti dell’evanescenza (in fasce, tubo metallico o tondino d’acciaio) giustapposti a componenti materici più solidi e strutturati (spesso in legno o, come nel caso della Focal Point, in un materiale insospettabile quale la porcellana).

Persino il progetto di ristrutturazione di interni di casa G realizzato dallo studio Francesco Librizzi fa perno sullo stesso tipo di disegno digitale-strutturale, elegantemente incardinato nell’elemento dalla scala.

Di particolare interesse sono poi quei casi in cui il componente ‘vettoriale’ risulta abbinato a masse morbide ottenute dalla lievitazione di farine digitali, come nel sofà Balcony delle norvegesi Vera & Kyte e nella poltrona Betty di Angeletti Ruzza, oggetto “avvolgente come una carezza” che “invita a un rilassamento visivo e comportamentale”.

Proprio quest’ultimo concetto di ‘rilassamento visivo’ costituisce uno snodo chiave del nostro discorso. Per comprendere appieno il significato del design sottile occorre infatti fare un passo indietro, fino agli anni Ottanta, quando l’apocalisse estetica postmoderna ha proposto una concezione dell’oggetto che, diversamente da quella funzionalista, non ha più cercato di ‘educare’ l’utente al proprio codice estetico ma lo ha accettato così com’era, con i suoi vizi e le sue virtù da figlio ormai maturo della società dei consumi, prospettandogli presenze oggettuali dal forte valore ludico e distensivo.

Ed è appunto in questo solco che si inserisce oggi tanta parte del progetto d’arredo in epoca digitale, il quale, oltre ad assorbire il gusto per le raggiature morbide ma decise in stile iPhone, sta sviluppando una via alla gestione formale dell’oggetto sempre più simile a quella delle interfacce grafiche, per forma, colore e dislocazione volumetrica.

Anche perché proprio queste costituiscono oggi l’avversario più temibile contro cui il prodotto deve contendersi l’attenzione dell’utente, al quale vengono presentati su uno stesso schermo immagini di oggetti reali – vincolati alle leggi della fisica e dell’ingegneria strutturale – e immagini di oggetti virtuali eppure ‘tangibili’ – svincolati però da qualsiasi necessità costruttiva.

Diventa così più che mai vitale, per il progetto, lavorare sui linguaggi, per ‘bucare’ lo schermo (anzi, il touch screen) e toccare l’occhio dell’utente. In questo senso, il design sottile, salvando la tradizione dell’oggetto moderno all’interno dell’orizzonte visivo digitale, realizza un vero e proprio miracolo estetico, combinando il peso, lo spessore, la solidità della storia e la leggerezza, la finezza, l’evanescenza del futuro.

 

di Stefano Caggiano

gallery gallery
La scala di casa G., a Cefalù, realizzata su progetto dello studio Francesco Librizzi, funge da perno estetico e funzionale che disloca in maniera diversa il senso d’uso dei vari vani abitativi. Foto: Alberto Moncada.
gallery gallery
Tavolino della collezione Kaari, di Ronan e Erwan Bouroullec per Artek. La collezione comprende tavoli rettangolari e rotondi in due dimensioni, una scrivania, una consolle a muro, una mensola rotonda e mensole a parete. Foto: Studio Bouroullec.
gallery gallery
La poltrona Betty, di Angeletti Ruzza Design per My Home Collection, con gambe in metallo che danno slancio alle forme morbide della seduta. Foto: Chiara Gazziero.
gallery gallery
Consolle della collezione Y realizzata da Jordi López Aguiló (studio Kutarq) con Nicolas Perot. Tutti gli elementi sono caratterizzati da sottili strutture metalliche che abbracciano volumi geometrici in legno. Foto: Maria Mira.
gallery gallery
Il concept del sofà Balcony delle norvegesi Vera Kleppe e Åshild Kyte si ispira al tempo piacevolmente speso su un balcone soleggiato, leggendo un libro o godendosi la vista all’aria aperta.
gallery gallery
Lampada a sospensione Loop di Roberto Giacomucci per Tooy. I due paralumi sono posizionabili sia all’interno che all’esterno della struttura, grazie a un sistema di rotazioni. Foto: Andrea Bellezza.
gallery gallery
Tavolino della serie Orme Cinesi di Francesco Meda per Schoeni Art Gallery di Hong Kong. Il progetto contamina la tradizione artigianale millenaria cinese con il tubo in acciaio curvato sviluppato al Bauhaus e divenuto simbolo del design occidentale.
gallery gallery
Tavolo Black Landscapes, realizzato dal duo Noam Dover e Michal Sara Cederbaum (di base a Tel Aviv), per la galleria londinese 19 Greek Street. Foto: Jamie McGregor-Smith e 19 Greek Street.
gallery gallery
La lampada da tavolo Focal Point, della designer Chifen Cheng (studio Designlump, con sede a Montreal, in Canada), offre diverse posizioni di illuminazione, per soddisfare i diversi toni d’umore dell’utente.