Il termine “Barocco”, assunto come aggettivo già nel XVIII secolo per identificare negativamente i caratteri di complessità formale e di ridondanza decorativa dell’architettura, alla luce delle vicende della scena progettuale del nuovo millennio, dell’oggettiva condizione di espressione pluralista e della caduta di verità ideologiche, è oggi da intendere nel suo significato storico, e per il valore di un messaggio positivo forse non privo di attualità.

Ricerca del movimento, tendenza all’infinito, uso antidogmatico del linguaggio classico greco-romano, la luce come ‘materiale’ dell’architettura, capacità di riflettere il sorgere “della nuova visione del mondo del suo tempo, svelando, nei suoi modi percettivi il significato della nuova infinità positiva e dinamica che tutta la cultura e le scienze vengono proponendo” (Dino Formaggio, Il Barocco in Italia, Mondadori Editore, 1960): tutto questo si rintraccia nella complessa e dinamica stagione del Barocco.

Come osservava acutamente Dino Formaggio nel suo famoso libro, “Il Barocco rappresenta anche la scoperta di un’idea di artisticità nel senso della cultura contemporanea; esso è la prima celebrazione della più sfrenata libertà dell’arte, proprio in quanto arte e tecnica artistica e non come rivelazione canonica del bello ideale […]

Proprio in questo autonomizzarsi e specificarsi in spregiudicata libertà di un’arte capace di sperimentare all’infinito e in tutte le direzioni la propria potenza significativa, consiste la vera e straordinaria attualità del Barocco, nonché la sua precisa storicità”. Parole che dopo mezzo secolo rimangono di riferimento e di sorprendente attualità rispetto alla complessità delle dinamiche proprie del progetto contemporaneo, della sua condizione interdisciplinare e del valore di una necessaria sperimentazione svolta a più livelli.

A tutto questo fa riferimento il progetto del Museo Internacional del Barroco (MIB) che Toyo Ito ha progettato all’interno della Reserva Territorial Atlixcàyotl, nei pressi di Puebla in Messico. Un edificio a corte sviluppato su due livelli che, partendo da una maglia ortogonale di grandi stanze espositive tra loro connesse, ne distorce leggermente l’impianto di riferimento, disegnando una riuscita sommatoria di quinte in movimento chiamate a comporre una figura scultorea, che ben si rapporta al tema museale di cui è contenitore.

In questo senso Ito rilegge e reinterprata in chiave contemporanea il senso del Barocco; nella dimensione fluida degli spazi e dei fronti, nell’impiego strategico della luce, chiamata a disegnare gli interni e a valorizzare il dinamismo degli esterni con il mutare delle ombre durante il giorno, nella sperimentazione compositiva dell’insieme.

Il museo, affacciato su uno specchio d’acqua su tre lati con una piazza che accoglie il pubblico prima del ponte d’ingresso, sviluppa al suo interno un percorso museale per sale tematiche anticipate dallo spazio a doppia altezza in cui si sviluppa la scala elicoidale (altro omaggio all’architettura barocca) che conduce al primo piano, dove si trovano la terrazza e la caffetteria con ristorante, gli uffici e i laboratori didattici.

Ogni sala è collegata all’altra da una cerniera spaziale che in due punti si trasforma in suggestivi pozzi di luce proiettati verso il cielo; efficaci e celate torri interne chiamate a partecipare, come personaggi compiuti e da scoprire, all’atmosfera teatrale degli spazi espositivi.

Le sale del piano terreno, che oltre alla funzione espositiva accolgono un auditorium, una sala conferenze e il gift shop, cingono come un vortice fisso il grande patio centrale dove nel mezzo troviamo un ulteriore specchio d’acqua che richiama quello esterno, ma qui trasformato in spazio protetto, in una sala senza soffitto da scoprire, attraversando l’architettura, la storia e le forme, del Barocco; “Stile dell’umanità del Seicento, ricercato attraverso le idee fondamentali di infinità positiva e dinamica […] tentativo di riscattare interamente la libertà dell’arte e la passionalità naturale e irrazionale dell’uomo” (D.Formaggio).

Foto di Federico Bautista – Testo di Matteo Vercelloni

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Vista del lato d’ingresso con il ponte di accesso dalla piazza pedonale e le panchine su disegno. Le quinte scultoree di cemento che compongono i fronti sono state sviluppate in collaborazione con l’azienda messicana Danstek, specializzata in calcestruzzo prefabbricato.
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Il patio interno con lo specchio d’acqua irregolare che richiama quello esterno. Arredi di Kazuko Fujie Atelier.
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Lo spazio caffetteria sul tetto-terrazza.
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Schema assonometrico della composizione volumetrica.
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Planimetria complessiva.
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Vista di una delle due suggestive torri interne a tutt’altezza di connessionetra le sale del museo.
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La scala elicoidale che conduce al primo piano nel grande atrio a doppia altezza.
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Scorcio di una sala espositiva.