Le stesse carte da parati e gli arazzi nascono per donare l’illusione di trovarsi all’esterno pur essendo in un ambiente confinato o, meglio, per dare il godimento estetico della natura circostante senza doverne subire i disagi fisici. E ancora, tutta la teoria dei giardini, a partire dal nostro celebre “giardino all’italiana”, è una forma di collezionismo botanico e quindi di natura regolamentata da un disegno artificiale, frutto della mente umana che coercizza l’andamento spontaneo della vegetazione.
Gilles Clément, grande teorico e studioso del giardino e del paesaggio, infatti afferma: “Il primo giardino è un recinto. Conviene proteggere il bene prezioso del giardino; la verdura, la frutta, e poi i fiori, gli animali, l’arte di vivere, quello che, col passare del tempo, continuerà a sembrarci il ‘meglio’” (G. Clément, “Breve storia del giardino”, Quodlibet, Macerata, 2012, p. 17).
In questa analisi, scegliere il meglio e preservarlo in un recinto separato dall’indistinto naturale diviene una forma di organizzazione cosmogonica, che va in parallelo con la creazione dell’universo simbolico della dimora stanziale dell’uomo. La natura che viene inclusa nella casa è pertanto un preciso riferimento, che può essere ascritto al bisogno di decorazione solo a patto che in esso si riconosca uno dei più primordiali e autentici istinti della coscienza umana.