Progetto di Agence Jouin Manku
(Patrick Jouin e Sanjit Manku)
Foto di Helene Hilaire
Testo di Alessandro Rocca

Restaurare, recuperare e ridare vita a un complesso monumentale ormai inutilizzato. Il promotore è un’associazione benefica, l’istituto per la ricerca sul cancro del sistema digerente (Ircad), che pianifica un intervento di recupero architettonico inserito in una strategia filantropica. Il progetto affronta la trasformazione del complesso settecentesco che ospitava le scuderie di Strasburgo, con spazio sufficiente per l’alloggiamento e la cura di trentadue stalloni. In stile neoclassico, l’edificio ospitava dal 1752 l’accademia municipale di equitazione e quindi, dal 1756, le scuderie reali. Soppressa dalla rivoluzione francese, la scuderia reale nell’Ottocento si ricostituisce e, in varie forme, i cavalli abitano le scuderie fino al 2005, data della definitiva cessazione delle attività equestri.

Pochi anni, quindi, per concepire un progetto che riporti l’edificio a una nuova nascita, mantenendo le caratteristiche architettoniche originali, ma svolgendo funzioni completamente diverse. Nel 2010 l’Ircad avvia l’opera di restauro, e non è un caso che le Scuderie si trovino a fianco dell’ospedale universitario dove l’Ircad, punta di eccellenza della ricerca scientifica francese, riceve ogni anno più di quattromila chirurghi che qui si recano ad apprendere le tecnologie per interventi chirurgici non invasivi, basati sulle più avanzate tecniche di riproduzione dell’immagine a tre dimensioni.

Le Scuderie appaiono quindi come lo spazio perfetto, per collocazione urbana e qualità architettonica, per accogliere sia i turisti sia i chirurghi venuti per i corsi di formazione professionale. Il programma elaborato da Ircad prevede che il complesso contenga un albergo, un ristorante e un bio-cluster, un incubatore per nuove aziende focalizzate sulle biotecnologie, contribuendo così all’autofinanziamento dell’istituto.

E l’idea dell’eccellenza, così importante nel profilo scientifico dell’Ircad, è stata perseguita anche nel processo di restauro delle Scuderie e nell’immaginarne la gestione; e perciò sono stati coinvolti nell’impresa Marc Haeberlin, chef laureato con tre stelle dalla guida Michelin, e l’albergatore Jean-Pascal Scharf, uno dei professionisti di più alto livello ed esperienza sulla piazza di Strasburgo, incaricato di gestire l’albergo a quattro stelle.

Nell’ottica della massima qualità sono poi stati scelti anche i progettisti. Denu e Paradon, solido studio strasburghese attrezzato per ogni tipo di progettazione, e l’agenzia parigina Jouin Manku, chiamata con l’obiettivo di trasportare le scuderie nella modernità sviluppando, con le auguste mura delle antiche scuderie, le giuste relazioni, senza mimetismi ma anche senza forzature. Il tema è quindi la trasformazione rispettosa di una struttura architettonica di grande valore storico ma è anche il recupero, o meglio la reinvenzione, di un luogo che è nato e vissuto, per oltre due secoli e mezzo, portando al centro del proprio immaginario i colori e i materiali dell’equitazione, delle selle, dei finimenti, delle architetture semplici e robuste delle scuderie.

Il team formato da Patrick Jouin, designer francese, con l’architetto Sanjit Manku, di nascita kenyota e di formazione americana, ha affrontato questa sfida con i tratti che sono caratteristici del loro modo di operare: una grande attenzione ai materiali e al dettaglio, che sicuramente proviene dalla cultura del design, e un approccio architettonico leggero e pragmatico che punta con abilità a ottenere qualche immagine a effetto, ma sempre esprimendo una grande sensibilità per la vocazione e la funzione del luogo. In questo caso, occorreva collegare la rudezza dell’architettura nobile e semplice della scuderia con la raffinatezza dell’alta cucina e il comfort dell’albergo a quattro stelle.

Il simbolo di questa unione si trova probabilmente nella yurta, la tenda in cuoio dei cavalieri nomadi della Mongolia, che serve da ispirazione per creare, nel ristorante al piano superiore, una spazio riservato, una specie di tavolo d’onore riconoscibile ma aperto sul resto della grande sala lineare.

L’altro tema è evidentemente l’aspetto rustico, ma anche robusto e monumentale, di un edificio costruito alla metà del Settecento, con le sue potenti strutture di legno e la sua spazialità ampia, più commisurata sulla statura dei cavalli che su quella degli umani. Anche in questo caso Jouin e Manku scelgono di lavorare in continuità, cercando di traghettare gli spazi settecenteschi fino al 2014 senza troppi scossoni.

Nel ristorante, alle imponenti strutture lignee della copertura aggiungono quella che probabilmente è l’immagine più forte ed emblematica dell’intero progetto, una grande scala monumentale che collega i due piani del ristorante e che è pensata come una installazione di scultura naturale in cui si mescola la rudezza dei materiali, come il legno di quercia dei gradini, al movimento dinamico e moderno dei fascioni avvolgenti, in legno di faggio, che sembrano quasi sospingere il cliente a salire i trentadue gradini che lo porteranno alla sala ristorante, a quasi sette metri di altezza sopra il piano della brasserie.

Gli altri elementi cercano una certa sobrietà per lasciare alla scala, che volteggia liberamente nello spazio, il ruolo della primadonna, e prevale un tono quieto e accogliente, di colori e materiali caldi, in cui le vecchie strutture e gli arredi disegnati da Jouin, nel ristorante come nelle accoglienti stanze dell’abergo, si trovano in ottima sintonia.

Abbiamo chiesto a Gabriele Galli, amministratore delegato del Gruppo Industriale Busnelli e a Patrick Jouin, progettista dell’Haras di Strasburgo, il valore e la sfida di questa collaborazione reciproca. Per l’intervento di fornitura contract del complesso. E non solo.
GG. “La sfida è  stata quella di mettersi in gioco per interpretare, tramite Patrick e la raffinatezza del suo design, le esigenze delle committenza. Il valore molto alto del luogo, del restauro e della fornitura ci hanno permesso di esprimere al meglio il nostro know how. La collezione Charme, all’interno di Les Haras,  arreda con grande personalità gli spazi della brasserie, della zona bar e delle camere senza distogliere lo sguardo dall’eleganza, dallo stile e dalla storicità dello spazio dentro il quale è stata inserita, protagonista con discrezione”.
PJ. “Busnelli è una maison iconica, un’azienda con un forte passato, un incredibile savoir faire  e una perfetta conoscenza del legno. Guarda al futuro con l’ottimismo di molti progetti in via di realizzazione. Personalmente ero molto toccato da questa sfida, perché è  stato stimolante lavorare sulla base di un’affinitá elettiva di intenti e con radici condivise”.

Ci racconta gli inizi della collaborazione con Patrick Jouin?
GG. “Busnelli ha incontrato nel 2011 Patrick Jouin. Il suo design caldo, soft e a misura d’uomo, che vive di materiali sofisticati e linee fluide, nuove e sorprendenti, ci ha suggerito un’accoppiata designer/azienda efficace fin dall’inizio.
E i prodotti nati la dimostrano: la sedia Charme, il divano Mylo, il tavolo Caruso, la sedia e il tavolo Manda sono ‘naturalmente’ validi per progetti del valore di Les Haras a Strasburgo. Ma, di cui andare orgogliosi anche in altri contesti. Le Charme nelle varie versioni sono protagoniste della hall dell’ Hotel Lancaster a Beirut, inaugurato nel mese di dicembre 2013, dove la Busnelli ha realizzato l’arredamento integrale di 150 camere”.

Crede che la leadership dell’industria italiana dell’arredo possa essere messa in discussione? Quali sono, secondo lei, le carte che le aziende italiane dovranno giocare nel prossimo futuro per conservare il loro primato?
PJ. “L’industria del mobile in Italia è stata leader nel decennio 1960-70 perché in quel momento c’ è stata una sorta di rivoluzione sociale e culturale nel Paese che ha abbracciato la modernitá, l’idea di progresso e il design. Questa alleanza quasi genetica tra commercio e cultura è in equilibrio da allora, nonostante ora il quadro sia diverso. Stiamo parlando della terza generazione di capitani che, dagli anni Cinquanta, sono alla guida di imprese familiari. Spetta a loro difendere l’idea di ‘progetto’ e comprendere il suo valore. Le aziende italiane sono molti solidali tra loro e questo è un bene reale: fare sistema è sicuramente una carta vincente”.
Prossimi step?
GG. “Senza dimenticare che Busnelli è già partner di Patrick Jouin per gli arredamenti dei negozi Van Cleef (primo New York), ed altri contract già in programmazione, consideriamo la collaborazione con lui un punto di riferimento per il coronamento della collezione Maison/Busnelli: un progetto dal valore artigianale focalizzato sulla personalizzazione di dettagli e materiali nobili, che avrà il suo giusto prosieguo al prossimo Salone del Mobile di Milano”.
Antonella Boisi

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La scala interna nella Brasserie di Marc Haeberlin, uno spazio di 800 metri quadri con un’altezza di oltre tredici metri, nella ex scuderia reale.
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Una veduta delle scuderie nazionali di Strasburgo, costruite a metà del Settecento e attive, come centro di equitazione, fino al 2005.
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Il logo realizzato dal grafico Philippe David; il motivo equestre si ritrova nell’affresco realizzato nella lobby dell’Hotel Les Haras.
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La sala al piano terra della Brasserie, al centro l’isola ellittica, in acciaio opacizzato, del lounge bar, e, sul fondo dell a sala, la cucina a vista; sedute e tavolini in legno e cuoio citano materiali e colori della selleria tradizionale.
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La scala, 32 gradini in quercia avvolti dall e volute in legno di faggio che accompagnano il visitatore fino ai sei metri di altezza del livell o superiore.
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I commensali siedono sull e poltroncine in tessuto e legno di faggio Charme, disegnate da Patrick Jouin per gruppo industriale Busnelli, responsabile dell a fornitura contract di tutti gli arredi dell ’hotel.
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La lobby dell’albergo, con il desk su disegno e l’affresco a soggetto equestre; pareti, pavimento e soffitto sono interamente rivestiti in legno.
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Una veduta del ristorante, al piano superiore; dietro le massicce strutture lignee del XVIII secolo il dettaglio della ‘yurta’ un vano semi aperto interamente in cuoio, ispirato alle tradizionali abitazioni mongole.
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Le 55 camere dell’albergo hanno configurazioni sempre diverse, a seconda della loro posizione all’interno delle ex scuderie. La scrivania è un foglio metallico ripiegato con un ripiano di legno uguale alla porta della sala da bagno.
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I letti sono disegnati utilizzando cuoio da selleria, con un’ampia testiera ricurva che si solleva per consentire l’accesso agli interruttori e agli allacciamenti in rete.
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Gli sgabelli in cuoio e legno ricordano la silhouette di un cavallo ma anche la forma dei portasella; i pavimenti riutilizzano vecchie assi di quercia, i tappeti scendiletto sono in lana.