Emilia Serra, architetto, e Andrea Mancuso, designer, meglio conosciuti come Analogia Project, si incontrano a Londra al Royal College of Arts nel 2010 e nella stessa città continuano la loro esperienza a bottega da Nigel Coates.

Decidono poi di tornare in Italia, “perché spesso si dimentica che le aziende e gli artigiani migliori del mondo sono qui e, se vuoi lavorare al top nel design, devi parlare italiano”. Aprono il loro studio sui Navigli, a Milano, ma pur lavorando con alcune delle griffe e delle istituzioni nazionali e internazionali del design e della moda, rimangono sempre un po’ defilati dal sistema milanese.

In Italia riscoprono alcuni talenti dell’artigianato, come il ceramista Alessio Sarri di Sesto Fiorentino, realizzatore di grandi lavori di Memphis, che quest’anno riedita la collezione Indian Memory di Ettore Sottsass.

Amici di lunga data di Roberto Ziliani, fondatore e ceo di Slamp, che con la sua rete di artigiani di Pomezia li aiuta da tempo nello sviluppo di alcuni progetti sperimentali, quest’anno presentano con il marchio d’illuminazione due progetti di lampade, “per ricerca e riferimenti molto distanti tra loro”, spiegano i due progettisti, “ma uniti dalla sperimentazione tecnologica resa possibile dai grandi investimenti effettuati dall’azienda sia su nuovi processi, sia sulla parte manuale che consente di realizzare internamente i prototipi”.

Le collezioni si chiamano Dome e Overlay. La prima si ispira alla storiche decorazioni romane del I secolo, conservate fino a oggi nei mosaici e nei marmi intarsiati, e ha la particolarità di nascondere centinaia di led nel perimetro della calotta del diffusore, rendendo invisibile ma diffusa la fonte luminosa.

È una piccola magia tecnologica che evita l’illuminazione diretta, dando vita a una luce architettonica che sembra impreziosire il materiale plastico della lampada, con una ridotta dispersione luminosa.

“Non avevamo mai lavorato con il materiale plastico”, proseguono Emilia e Andrea, “che ci sembrava molto austero e poco flessibile a interventi diversi dal decoro, ma poi abbiamo resettato questa impressione e, ibridandolo con elementi che si ispirano a un immaginario completamente diverso, abbiamo ottenuto un incredibile risultato”.

Ancora sul materiale e sulla sovrapposizione di diversi risultati cromatici e materici gioca Overlay, lampada da tavolo sviluppata in collaborazione con Montblanc. “Siamo partiti dall’archetipo e, con l’aiuto della tecnologia, abbiamo inserito una piccola sorpresa funzionale, per cui la lampada si accende solo quando interagisce con una penna Montblanc. L’immagine è quella di un modello classico, borghese, in cui non si vedono cavi, ma perfettamente illuminante grazie a una fila di led disposti internamente con grande perizia tecnica”.

Una delle caratteristiche più interessanti di questi due giovani autori, che ben emerge dalla collaborazione con Slamp, unitamente a quelle con altri clienti – galleristi, aziende di moda, marchi storici nell’arredo – è la trasversalità della loro poetica, a cavallo tra archeologia, moda, arte e architettura, riferimenti al passato, incursioni nell’artigianato, sperimentazioni col nuovo. Nel loro linguaggio, gli oggetti diventano personaggi di una narrazione, presenze sceniche o scenografiche.

È il caso di Luminaria presentata con la galleria Nilufar alla Milano Design Week 2017, una famiglia di lampade interamente realizzate in ottone con curvatura a caldo manuale, che si ispirano alle feste popolari del sud Italia e alle loro impalcature barocche, creando l’effetto di un’architettura sospesa, leggera e al tempo stesso monumentale.

O dei mobili In Furs, disegnati quest’anno per Fratelli Boffi: pouf e complementi d’arredo dove legno, pelle e pelliccia diventano l’abito di strani marziani che, dagli anni Cinquanta, fanno ingresso nella casa borghese, con ironia e sofisticazione, paradosso ed eleganza vintage, quali figure di un chiasmo sorprendente.

Benché gli ultimi anni ci abbiano abituato alle incursioni delle espressioni della moda e dell’architettura nel design, i progetti di Analogia Project indicano una nuova strada del progetto, una nuova riconoscibile e radicale identità in cui l’usabilità e la funzione domestica diventano una sfida alla teatralità scenica e l’artigianato assume senso per il coefficiente di sorpresa tecnologica che nasconde discretamente.

Se il fashion ci ha abituati a una memoria corta e l’artigianato a un localismo fisso, a volte incapace di comunicare con l’esterno, il lavoro di Analogia Project si sintonizza su un tempo lento e condiviso, come un déjà vu di mondi magari mai visitati, ma che ci raccontano di un’identità collettiva e mobile.

Testo di Chiara Alessi

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Lampada a sospensione in ottone, della collezione Luminaria per la galleria Nilufar (foto Giulio Boem).
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Emilia Serra, architetto, e Andrea Mancuso, designer, meglio conosciuti come Analogia Project, si incontrano a Londra al Royal College of Arts nel 2010 e nella stessa città continuano la loro esperienza a bottega da Nigel Coates. Decidono poi di tornare in Italia, “perché spesso si dimentica che le aziende e gli artigiani migliori del mondo sono qui e, se vuoi lavorare al top nel design, devi parlare italiano”. Aprono il loro studio sui Navigli, a Milano, ma pur lavorando con alcune delle griffe e delle istituzioni nazionali e internazionali del design e della moda, rimangono sempre un po’ defilati dal sistema milanese. In Italia riscoprono alcuni talenti dell’artigianato, come il ceramista Alessio Sarri di Sesto Fiorentino, realizzatore di grandi lavori di Memphis, che quest’anno riedita la collezione Indian Memory di Ettore Sottsass. Amici di lunga data di Roberto Ziliani, fondatore e ceo di Slamp, che con la sua rete di artigiani di Pomezia li aiuta da tempo nello sviluppo di alcuni progetti sperimentali, quest’anno presentano con il marchio d’illuminazione due progetti di lampade, “per ricerca e riferimenti molto distanti tra loro”, spiegano i due progettisti, “ma uniti dalla sperimentazione tecnologica resa possibile dai grandi investimenti effettuati dall’azienda sia su nuovi processi, sia sulla parte manuale che consente di realizzare internamente i prototipi”. Le collezioni si chiamano Dome e Overlay. La prima si ispira alla storiche decorazioni romane del I secolo, conservate fino a oggi nei mosaici e nei marmi intarsiati, e ha la particolarità di nascondere centinaia di led nel perimetro della calotta del diffusore, rendendo invisibile ma diffusa la fonte luminosa. È una piccola magia tecnologica che evita l’illuminazione diretta, dando vita a una luce architettonica che sembra impreziosire il materiale plastico della lampada, con una ridotta dispersione luminosa. “Non avevamo mai lavorato con il materiale plastico”, proseguono Emilia e Andrea, “che ci sembrava molto austero e poco flessibile a interventi diversi dal decoro, ma poi abbiamo resettato questa impressione e, ibridandolo con elementi che si ispirano a un immaginario completamente diverso, abbiamo ottenuto un incredibile risultato”. Ancora sul materiale e sulla sovrapposizione di diversi risultati cromatici e materici gioca Overlay, lampada da tavolo sviluppata in collaborazione con Montblanc. “Siamo partiti dall’archetipo e, con l’aiuto della tecnologia, abbiamo inserito una piccola sorpresa funzionale, per cui la lampada si accende solo quando interagisce con una penna Montblanc. L’immagine è quella di un modello classico, borghese, in cui non si vedono cavi, ma perfettamente illuminante grazie a una fila di led disposti internamente con grande perizia tecnica”. Una delle caratteristiche più interessanti di questi due giovani autori, che ben emerge dalla collaborazione con Slamp, unitamente a quelle con altri clienti – galleristi, aziende di moda, marchi storici nell’arredo – è la trasversalità della loro poetica, a cavallo tra archeologia, moda, arte e architettura, riferimenti al passato, incursioni nell’artigianato, sperimentazioni col nuovo. Nel loro linguaggio, gli oggetti diventano personaggi di una narrazione, presenze sceniche o scenografiche. È il caso di Luminaria presentata con la galleria Nilufar alla Milano Design Week 2017, una famiglia di lampade interamente realizzate in ottone con curvatura a caldo manuale, che si ispirano alle feste popolari del sud Italia e alle loro impalcature barocche, creando l’effetto di un’architettura sospesa, leggera e al tempo stesso monumentale. O dei mobili In Furs, disegnati quest’anno per Fratelli Boffi: pouf e complementi d’arredo dove legno, pelle e pelliccia diventano l’abito di strani marziani che, dagli anni Cinquanta, fanno ingresso nella casa borghese, con ironia e sofisticazione, paradosso ed eleganza vintage, quali figure di un chiasmo sorprendente. Benché gli ultimi anni ci abbiano abituato alle incursioni delle espressioni della moda e dell’architettura nel design, i progetti di Analogia Project indicano una nuova strada del progetto, una nuova riconoscibile e radicale identità in cui l’usabilità e la funzione domestica diventano una sfida alla teatralità scenica e l’artigianato assume senso per il coefficiente di sorpresa tecnologica che nasconde discretamente. Se il fashion ci ha abituati a una memoria corta e l’artigianato a un localismo fisso, a volte incapace di comunicare con l’esterno, il lavoro di Analogia Project si sintonizza su un tempo lento e condiviso, come un déjà vu di mondi magari mai visitati, ma che ci raccontano di un’identità collettiva e mobile. Testo di Chiara Alessi
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Lampada a sospensione in ottone, della collezione Luminaria per la galleria Nilufar (foto Giulio Boem).
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Emilia Serra, architetto, e Andrea Mancuso, designer, meglio conosciuti come Analogia Project, si incontrano a Londra al Royal College of Arts nel 2010 e nella stessa città continuano la loro esperienza a bottega da Nigel Coates. Decidono poi di tornare in Italia, “perché spesso si dimentica che le aziende e gli artigiani migliori del mondo sono qui e, se vuoi lavorare al top nel design, devi parlare italiano”. Aprono il loro studio sui Navigli, a Milano, ma pur lavorando con alcune delle griffe e delle istituzioni nazionali e internazionali del design e della moda, rimangono sempre un po’ defilati dal sistema milanese. In Italia riscoprono alcuni talenti dell’artigianato, come il ceramista Alessio Sarri di Sesto Fiorentino, realizzatore di grandi lavori di Memphis, che quest’anno riedita la collezione Indian Memory di Ettore Sottsass. Amici di lunga data di Roberto Ziliani, fondatore e ceo di Slamp, che con la sua rete di artigiani di Pomezia li aiuta da tempo nello sviluppo di alcuni progetti sperimentali, quest’anno presentano con il marchio d’illuminazione due progetti di lampade, “per ricerca e riferimenti molto distanti tra loro”, spiegano i due progettisti, “ma uniti dalla sperimentazione tecnologica resa possibile dai grandi investimenti effettuati dall’azienda sia su nuovi processi, sia sulla parte manuale che consente di realizzare internamente i prototipi”. Le collezioni si chiamano Dome e Overlay. La prima si ispira alla storiche decorazioni romane del I secolo, conservate fino a oggi nei mosaici e nei marmi intarsiati, e ha la particolarità di nascondere centinaia di led nel perimetro della calotta del diffusore, rendendo invisibile ma diffusa la fonte luminosa. È una piccola magia tecnologica che evita l’illuminazione diretta, dando vita a una luce architettonica che sembra impreziosire il materiale plastico della lampada, con una ridotta dispersione luminosa. “Non avevamo mai lavorato con il materiale plastico”, proseguono Emilia e Andrea, “che ci sembrava molto austero e poco flessibile a interventi diversi dal decoro, ma poi abbiamo resettato questa impressione e, ibridandolo con elementi che si ispirano a un immaginario completamente diverso, abbiamo ottenuto un incredibile risultato”. Ancora sul materiale e sulla sovrapposizione di diversi risultati cromatici e materici gioca Overlay, lampada da tavolo sviluppata in collaborazione con Montblanc. “Siamo partiti dall’archetipo e, con l’aiuto della tecnologia, abbiamo inserito una piccola sorpresa funzionale, per cui la lampada si accende solo quando interagisce con una penna Montblanc. L’immagine è quella di un modello classico, borghese, in cui non si vedono cavi, ma perfettamente illuminante grazie a una fila di led disposti internamente con grande perizia tecnica”. Una delle caratteristiche più interessanti di questi due giovani autori, che ben emerge dalla collaborazione con Slamp, unitamente a quelle con altri clienti – galleristi, aziende di moda, marchi storici nell’arredo – è la trasversalità della loro poetica, a cavallo tra archeologia, moda, arte e architettura, riferimenti al passato, incursioni nell’artigianato, sperimentazioni col nuovo. Nel loro linguaggio, gli oggetti diventano personaggi di una narrazione, presenze sceniche o scenografiche. È il caso di Luminaria presentata con la galleria Nilufar alla Milano Design Week 2017, una famiglia di lampade interamente realizzate in ottone con curvatura a caldo manuale, che si ispirano alle feste popolari del sud Italia e alle loro impalcature barocche, creando l’effetto di un’architettura sospesa, leggera e al tempo stesso monumentale. O dei mobili In Furs, disegnati quest’anno per Fratelli Boffi: pouf e complementi d’arredo dove legno, pelle e pelliccia diventano l’abito di strani marziani che, dagli anni Cinquanta, fanno ingresso nella casa borghese, con ironia e sofisticazione, paradosso ed eleganza vintage, quali figure di un chiasmo sorprendente. Benché gli ultimi anni ci abbiano abituato alle incursioni delle espressioni della moda e dell’architettura nel design, i progetti di Analogia Project indicano una nuova strada del progetto, una nuova riconoscibile e radicale identità in cui l’usabilità e la funzione domestica diventano una sfida alla teatralità scenica e l’artigianato assume senso per il coefficiente di sorpresa tecnologica che nasconde discretamente. Se il fashion ci ha abituati a una memoria corta e l’artigianato a un localismo fisso, a volte incapace di comunicare con l’esterno, il lavoro di Analogia Project si sintonizza su un tempo lento e condiviso, come un déjà vu di mondi magari mai visitati, ma che ci raccontano di un’identità collettiva e mobile. Testo di Chiara Alessi [gallery ids="148970,1148985,148972,148974,148980,148976,148978,148982"]
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Viae, tavolini per Frag in pelle e ottone, ispirati alle pietre delle antiche strade romane.
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Lampada a sospensione Dome per Slamp. Il pattern del diffusore a cupola si sviluppa su diversi strati che nascondono la fonte luminosa a led e riflettono la luce attraverso un delicato gioco di colori e trasparenze (foto Thomas Pagani).
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Overlay, lampada per Slamp in collaborazione con Montblanc, con corpo in ottone e diffusore a strati di tecnopolimeri brevettati. È disponibile in più versioni: da tavolo con doppia accensione, applique e chandelier (foto Massimo Listri).
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Viae, tavolini per Frag in pelle e ottone, ispirati alle pietre delle antiche strade romane.
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Lampada a sospensione Dome per Slamp. Il pattern del diffusore a cupola si sviluppa su diversi strati che nascondono la fonte luminosa a led e riflettono la luce attraverso un delicato gioco di colori e trasparenze (foto Thomas Pagani).
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Collezione In Fur per Fratelli Boffi, in ecopelliccia e pelle. I mobili si vestono di vistosi dettagli, accorciando la distanza tra moda e design.
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Overlay, lampada per Slamp in collaborazione con Montblanc, con corpo in ottone e diffusore a strati di tecnopolimeri brevettati. È disponibile in più versioni: da tavolo con doppia accensione, applique e chandelier (foto Massimo Listri).
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