Mérida è una cittadina di un milione di abitanti molto prosperosa, gente accogliente, un livello di criminalità più basso che in Canada; si trova a venti minuti da Progreso, il più grande porto dello Yucatán ed è prossima ai siti archeologici di Uxmal e Izamal; l’ideale per fare lunghe passeggiate”, confidano César e Mima Reyes, che l’hanno eletta a buen retiro, quando possono lasciare San Juan, in Puerto Rico, dove abitano e lavorano.

“Per noi Mérida risulta facilmente raggiungibile, in quanto dista tre ore e mezzo di aereo da San Juan”,  continua César che fa lo psichiatra di professione (mentre Mima è una aficionada della cucina) e per passione colleziona opere d’arte contemporanea (con una predilezione per quelle di Chris Ofili, Peter Doig e Elizabeth Peyton). Sarà per questo che l’intesa si è rivelata assai feconda con Jorge Pardo, artista di origini cubane di base a Los Angeles, con studio anche a Mérida, noto per visionarie installazioni site-specific di forte valenza materica-cromatica.

“Ci siamo conosciuti nel 1997, attorno a un progetto di sculture a Monaco di Baviera. Immediatamente abbiamo riconosciuto le nostre radici caraibiche e il nostro comune apprezzamento per la gastronomia e il buon vino. Da qui è venuta l’idea di un progetto architettonico a Puerto Rico. Pochi anni dopo Pardo ci ha invitato a Mérida, dove vive da tre anni, a vedere il suo lavoro presso la Hacienda Tecoh vicino a Izamal.

Mérida ci ha conquistato e abbiamo chiesto a Pardo di ristrutturare per noi una casa coloniale di nuova acquisizione.Avrei potuto affidarmi a un architetto del colore che avrebbe immaginato una tela minimalista in tre dimensioni come contenitore. Ma Jorge ha un’incredibile intelligenza spaziale e anche a Mérida il motore della composizione è stato il pattern di materiali e colori che interagiscono con lo spazio e indicano come muoversi.

Mi sono convinto che Jorge utilizzi la tavolozza come medium per avvicinare all’arte l’osservatore e stimolarlo a confrontarsi con la sua complessità. In ogni suo progetto è proprio questa dimensione di indefinibile cross-over linguistica a dare forza alla narrazione. Lui si considera uno scultore innanzitutto, ma design e architettura sono discipline imprescindibili della sua arte”.

Jorge Pardo progettista ha rispettato e conservato lo spirito originale della casa: una classica struttura coloniale spagnola del XIX secolo, composta di generose stanze dai soffitti molto alti che si succedono e ruotano intorno a patii e giardini interni, restituendo ondate di foliage da giungla urbana nel centro storico.

Ne ha coltivato la grazia screpolata, alimentata dalle brezze d’aria naturali che accarezzano gli ambienti, ma l’ha caricata di un’atmosfera calda: con i suggestivi colori pixelati del pavimento fatto di piastrelle di cemento dipinte a mano, in gradazioni studiate al computer, ton sur ton con quelle tonde che foderano la piscina, gli azzurri celadon e i verdi acqua di porte e soffitti, e i gialli luminosi dai bagliori argentei che accompagnano il percorso tra zone pubbliche e private, fino alla guest room “the Annex, la parte nuova realizzata con gli architetti Mecky Reuss e Ana Paula Ruiz Galindo, che sembra volutamente preesistente”.

Un twist contemporaneo, fatto di percezioni, luci e ombre, materiali prodotti in loco. Protagonisti nella cucina super-attrezzata, l’ambiente in cui Mima è regina, di elementi disegnati su misura con precisione millimetrica. “La convivialità è ciò che guida le nostre scelte a Mérida”, riconosce César Reyes.

“Trascorriamo la maggior parte del tempo nella zona pranzo/cucina, che si apre sulla piscina. Jorge ha disegnato il tavolo, le sedie verde oliva sono invece le Masters di Philippe Starck, le lampade sospese in rame by Tom Dixon, le adorate sedie rosse come il tavolo in ferro cromato by Patricia Urquiola.

Design moderno acquistato a Mexico City e accostato ad arredi etnici provenienti da locali negozi di antiquariato. Come le sedute di memoria modernista eamesiana e il letto-sommier a baldacchino, un pezzo originale cinese. È la casa che amiamo vivere e il Messico, intriso di forti influenze culturali caraibiche e francesi, che ci portiamo nel cuore”.

Foto di Undine Prohl – Testo di Antonella Boisi

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Aperto sulla piscina, il patio funge come generoso spazio di decompressione. Eterogenei gli arredi: lampade a sospensione in rame di Tom Dixon e sedute Re-Trouvé di Patricia Urquiola per Emu.
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La zona pranzo accanto allo specchio d’acqua interno. Il pavimento, in piastrelle di cemento dipinte a mano in gradazioni studiate al computer e realizzate in loco, riprende le tonalità di porte e soffitti. Tutto design Jorge Pardo. Le sedie sono il modello Masters di Philippe Starck con Eugeni Quitllet prodotte da Kartell.
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L’atrio d’ingresso è articolato dalla famiglia composita degli arredi, dal tavolo della collezione Re-Trouvé di Patricia Urquiola per EMU al letto-sommier ligneo a baldacchino, un pezzo cinese, acquistato in loco.
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Vista esterna della casa che si trova nel centro storico di Mérida.
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La cucina.
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Uno dei bagni.
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La guest-room: i pattern grafici del pavimento, che sottolineano i passaggi tra le stanze come tappeti cromatici, ritornano anche nel rivestimento dei piani in elementi d’arredo su disegno.
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La guest-room.