Uno dei più noti artisti brasiliani ritratto nella sua casa di Rio de Janeiro: un contenitore bianco dalle pareti tutte nude, che funge da spazio di decompressione per l'autore che con le sue opere materiche si prefigge di svelare nelle cose una realtà diversa da quella che siamo soliti vedere.

Tecnica impressionista? Processo creativo che rimanda a un modello pedagogico rinascimentale, secondo cui l’apprendimento avviene copiando il lavoro di un maestro precedente? Tanti sono i modi per descrivere l’opera di Vik Muniz, l’artista brasiliano più quotato sul mercato internazionale d’arte. “Prendete qualcosa che pensate di conoscere bene. Dopo cercate di decostruirla: vi renderete conto che siete stati a guardarla tutto il tempo senza mai vedere correttamente. È una questione di ricostruzione mentale, d’illusione ottica, di riparazione della realtà”. Muniz è un disegnatore/pittore/fotografo che utilizza diamanti, carta perforata, cotone, sciroppo di cioccolato, zucchero, immondizia, polvere, caramello, marmellata, segatura, spille: questa molteplicità di materiali viene elaborata minuziosamente per creare immagini che riproducono capolavori di maestri del passato come Rubens, Rembrandt, Van Gogh, Monet, Matisse, Delacroix e Cranach, solo per citarne alcuni. Terminata questa fase, l’artista fotografa l’immagine e la stampa in un numero limitato di copie mediante la tecnica Cibachrome, facendo delle fotografie la sua opera finale. Questo processo, sicuramente manierista, approda a una somiglianza sorprendente tra l’immagine originale e la riproduzione nella sua scintillante lucentezza e colorazione materica. Particolarmente suggestive risultano, in tal senso, le riproduzioni fotografiche delle opere realizzate con sciroppo di cioccolato, che con originale e poetica creatività tracciano impronte nebulose di una realtà che, di fatto, è più reale di quella che conosciamo veramente. Dice a tale proposito l’autore: “Il cioccolato rimanda a numerosi stati psicologici, che hanno a che fare con il desiderio, il sesso, la dipendenza, il lusso, il romanticismo, ecc. Non ho mai incontrato nessuno a cui non piaccia”. Waste Land è il progetto più recente di Vik Muniz. Questo cortometraggio, girato con la regista Lucy Walker, oltre a vincere diversi premi in tutto il mondo si è guadagnata una nomination all’Academy Award come miglior documentario. Il progetto è stato sviluppato a Jardim Gramacho, la più grande discarica a cielo aperto del mondo nella periferia di Rio de Janeiro, dove 25mila persone vivono quotidianamente, rovistando e cercando cose da recuperare tra montagne di spazzatura. L’artista ha stimolato questa popolazione a esprimersi attraverso l’arte, documentando il lavoro e l’evoluzione di un gruppo di uomini e donne che hanno potuto creare con le loro mani un’opera dai rifiuti da loro stessi raccolti. “Queste persone non hanno mai avuto alcun rapporto con l’arte e non hanno mai sfogliato una monografia o partecipato a una lezione su Caravaggio, ma hanno un certo senso dell’ estetica. La bellezza è cruciale per la riproduzione e può essere rintracciata ovunque”, dice Muniz. Nato a São Paulo, centro economico brasiliano, Vik ha scelto di vivere a Rio de Janeiro “cidade maravilhosa” (città meravigliosa, come dicono i brasiliani) in un appartamento ai bordi della spiaggia di Ipanema. L’artista ha partecipato attivamente al progetto della sua abitazione. “L’ho concepita come un luogo per vivere. Trascorro la maggior parte del mio tempo cercando di vedere più immagini possibile e di trovare nuove idee. Ho bisogno di arrivare a casa e liberare la mente, facendo una specie di download. Qui guardo il mare e le isole Cagarras, la migliore terapia del mondo, il mio screensaver.” Amante dell’architettura californiana degli anni Sessanta (Neutra, Lautner), Vik ha un grande interesse per il design. Tant’è che ha deciso di disegnare una collezione di arredi chiamata “mentirinha” (“piccole bugie”): un tavolo da pranzo che si ispira ai fratini toscani, un piccolo tavolo basso, una scatola in legno di frassino piena di sabbia che contiene piccole cose trovate sulla spiaggia e che si pone in relazione con il paesaggio circostante. Questi oggetti si inseriscono in un ambiente attrezzato con librerie e contenitori creati per ospitare la sua personale collezione d’arte, unici arredi disposti sulle pareti tutte bianche volutamente prive di quadri e di decori.