L’architetto Zaha Hadid, prima donna a vincere il Pritzker Prize nel 2004, è morta d’infarto in un ospedale di Miami dove si trovava per curare una polmonite. Nata in Iraq, aveva 65 anni.

Tanti i suoi progetti, molti in Italia. Tra questi: l’edificio del Maxxi, il Museo delle Arti del XXIesimo secolo di Roma, uno dei tre grattacieli della nuova zona di Citylife a Milano, la stazione marittima del porto di Salerno, il Messner Mountain Museum a Plan de Corones.

Ha costruito in tutto il mondo: tra le sue opere più celebri, la Serpentine Sackler Gallery di Londra, il Riverside Museum di Glasgow, l’Opera di Guangzhou in Cina.

Per la rivista Interni, aveva realizzato l’installazione Twirl in occasione dell’evento “Mutant Architecture & Design” al FuoriSalone 2011.

 

Mi chiamo Za-Hà
Un ricordo di William Sawaya e Paolo Moroni

1988, Milano. Durante il Salone del Mobile si sparge la voce: tassativo andare all’evento che si teneva al Rolling Stone, non si poteva perdere la presentazione di un architetto iracheno. All’entrata del locale, una dichiarazione d’intento gridata a tutto volume: la sublime voce vibrante di Umm Kulthum che cantava “Al Atlal” spiazzava immediatamente e accendeva già l’aspettativa di una scoperta imminente. Veniamo presentati: Paolo Moroni e William Sawaya. “Volevo conoscervi”, ci dice lei mentre scatta immediatamente una simpatia reciproca.

1993, Weil am Rhein, Germania. Il mondo scopre la Vitra Fire Station e Zaha diventa la stella nascente dell’architettura.

1994, Atene. Al ristorante “L’Abreuvoir”, ci avvistiamo: prima grandi sorrisi da lontano, poi si finisce intorno a un solo tavolo. Promettiamo di andarla a trovare a Londra. Lo faremo l’anno successivo.

1995, Londra, 10 Courtfield Gardens, nel suo vecchio appartamento. Seduti per terra con decine di schizzi sparsi sul tappeto. Disegni bellissimi di impossibile realizzazione, ma con carattere e unicità da vendere, come scegliere? Decidiamo insieme di ‘editare’ un set da tè e caffè in argento.

In seguito, durante i vari incontri, modifica i nostri nomi e ci ribattezza: William sei Bill, Paolo sei Pao Pao. Quello che succede dopo quell’anno lo sappiamo tutti.

L’architettura tradizionale viene sconvolta e con altri architetti protagonisti si comincia la scrittura di un nuovo codice per una nuova era. Nonostante le pressioni, le guerre e le critiche che subiva regolarmente, lei non si arrese, non si piegò e non cambiò il suo approccio, ma continuò, imponendo la sua visione. Le piovvero addosso commissioni importanti, arrivarono i successi e le istituzioni fecero a gara per attribuirle riconoscimenti.

Non sto qui a raccontare cose già note, preferisco evocare un lato del suo modo, sconosciuto ai più, di essere Zaha. Riusciva benissimo a farsi odiare e a farsi volere bene come e quando decideva lei.

La sua famosa corazza pubblica di riccio spinoso, angoloso e scontroso che lei nutriva, nascondeva una lealtà, una dolcezza e una generosità estrema che riservava esclusivamente agli amici e alla famiglia.

Quando era in vena, impostando la voce da bambina sciocca, che le riusciva benissimo, e con lo spunto giusto, tirava fuori il suo spiccato senso dello humor fino a farti venire le lacrime agli occhi dal ridere.

Tutte le occasioni erano buone per un po’ di sano sarcasmo. Ghiotta del buon cibo, gioiva come una bambina nel far conoscere agli amici ogni posto nuovo. Ricordo quella volta a Londra, al riparo dallo sguardo dei passanti nella sua macchina, lo stupore del suo autista nel vedere il grasso colare dalle nostre mani su abiti e sedili mangiando Falafel e Shawarma…

Ovunque passasse, emanava un’aura e un carisma che faceva girare le persone a guardarla, portava gioielli da regina e abiti da diva. Il nostro pianeta le andavo un po’ stretto e allora se n’è andata altrove. Abbiamo però la certezza che dovunque sia andata, ha già iniziato a concepire idee rivoluzionarie, rimodellare spazi e plasmare materie.

Scusate, ho saltato un passaggio importante: quella sera in cui ci ribattezzò “Bill e Pao Pao”, di colpo ci rimproverò dicendo: “Capisco che Paolo non sappia chiamarmi correttamente come tanti occidentali, tu però devi sapere che il mio nome si pronuncia Za-ha’! Significa Fierezza!”

Mai un nome è stato più appropriato. Cara Fierezza, ci mancherai. Bill e Pao Pao.

p.s. Paolo mi fa notare : “Ma Hadid in arabo non significa ferro?”.

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Photo by Brigitte Lacombe
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Milano City Life
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Riverside Museum di Glasgow
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Messner Mountain Museum a Plan de Corones
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MAXXI di Roma
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Zaha Hadid davanti all'installazione Twirl
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Twirl, installazione per l'evento di Interni "Mutant Architecture & Design" al FuoriSalone 2011