Per ora resta il pavimento più famoso di Milano e purtroppo in negativo. “Un’opera realizzata in modo inaccettabile”. Così l’ha definita David Chipperfield, durante la conferenza stampa indetta appositamente nel suo studio milanese il 19 marzo scorso per spiegarne le ragioni e affidare ai convenuti copia della diffida presentata nei confronti del Comune di Milano e di Sole 24 Ore – 24 Ore Cultura che vieta “di attribuire con qualsiasi mezzo di comunicazione la paternità del MUDEC (Museo delle Culture) di Milano a lui e ai progettisti della DCA“.

Mai lamentele in pubblico c’erano state ad oggi da parte dell’architetto londinese, maestro di rigore understatement, benché siano trascorsi 15 anni di lavoro (dal lontano 2000 quando ha vinto il concorso di progetto) dedicati alla riconversione degli spazi dell’ex area industriale Ansaldo in polo museale, per conto del Comune di Milano.

“Come architetto sento la responsabilità del livello qualitativo di un’opera” ha spiegato e le immagini del pavimento fonte dell’imbarazzante querelle in fieri parlano da sole. I 5.000 mq di pietra lavica etnea adottata in corso d’opera (al posto della basaltina di Viterbo, come da sue specifiche tecniche approvate in capitolato) è stata conservata male, tagliata e posata ancora peggio: “senza controllare il colore delle lastre, le naturali venature dei blocchi impiegati, mescolati come carte da gioco, e senza alcuna protezione da urti, graffi, macchie e aloni residui a fine lavori”.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una collezione di errori (ed orrori) al museo, perché la direzione lavori ha voluto risparmiare sui materiali e sulla posa delle finiture per un’opera che costa decine e decine di milioni di euro. Come dire, un bel ‘vestito’ (nella struttura e nella composizione spaziale-funzionale) acquistato già sbavato.

“Oltre al danno all’immagine che si lega all’impossibilità di realizzare al meglio quel costruito che resterà nel tempo, anche dopo di noi” ha continuato Chipperfield “la cosa più triste è che sono stato accusato dall’assessore alla cultura Filippo Del Corno di essere inflessibile e irragionevole, perché avrei richiesto la rimozione totale del pavimento. Una bugia. Dopo quasi due anni di difficile dialogo e confronto, sei mesi fa avevo addirittura fatto realizzare dei test gratuiti durante il mese di agosto per offrire all’amministrazione pubblica e alla direzione lavori che agiva su sue direttive una soluzione per la risistemazione. Ero anche disponibile a contribuire alla spesa di 300.000 euro stimata per riportare entro due/tre mesi il pavimento a una qualità accettabile, rinunciando a 150.000 euro che mi erano ancora dovuti”.

Per ora, nulla di fatto e il 26 marzo, alla vigilia di Expo, inaugureranno le prime due mostre, sponsor Sole 24 Ore – 24 Ore Cultura. Però, ha detto Giuseppe Zampieri dello studio DCA  “il Comune, in una nota pervenuta, dopo l’annuncio di questa conferenza stampa, ha comunicato l’impegno a risolvere il problema entro un anno”. Ce la si farà?

Antonella Boisi

Le foto documentano gli errori di posa, levigatura, finitura, trattamento, protezione, trasporto e stoccaggio delle lastre per la pavimentazione e il rivestimento del MUDEC.

 

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Finitura e trattamento delle superfici verticali.
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Selezione effetto scacchiera.
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Selezione effetto scacchiera.
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Supervisione posa.
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Supervisione protezione. Supervisione protezione.
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Trasporto e stoccaggio.