di Cristina Morozzi

Chiamati dalla galleria romana O., Fernando e Humberto hanno lavorato per più di un anno a Roma.

Venuti da lontano, a contatto con la cultura artigiana della capitale, hanno prodotto una impollinazione creativa, generando una nuova estetica ibrida. Il progetto Barroco Rococò, esposto al Musée des Arts Décoratifs di Parigi (13 settembre 2012/24 febbraio 2013) in un piccolo spazio al quinto piano, sorta d’ideale wunderkammer, è un ‘rinsanguamento’: il Barocco, stile decadente, diventa tendenza ‘risorgente’ e da fiore sbocciato si rigenera in germoglio. Barroco Rococò rappresenta un nuovo genere di Barocco, ovvero la riuscita contaminazione di due esuberanze, quella seicentesca romana e quella contemporanea brasiliana. Confessano i fratelli di avere sentito Roma come un luogo già vissuto, come una sorta d’incarnazione. L’incontro con gli artigiani del marmo della Via Aurelia e del bronzo di Via Giulia è stato un riconoscersi finito in abbracci. Humberto racconta che per lui lavorare nell’Urbe è stata un’esperienza spirituale, un plasmare visioni che già erano nella sua testa, nutrite dalle evocazioni delle sculture in pietra saponaria di Aleijadinho (1730-1814) nella cattedrale di Ouro Preto; che è stato un felice ritornare a scolpire, l’arte che frequentava prima di mettersi a fare il designer. Per Fernando, che ha disegnato tutti i pezzi, uno per uno, è stato un trasferire nelle forme l’allegria e la melanconia che abitano il suo cuore. Del barocco classico i loro pezzi hanno le disarmonie e gli eccessi, ma non rivelano il senso dolente di una epoca gloriosa che volge al termine. Rappresentano, al contrario, un rinascimento fervido di speranza, percorso dal sorriso che brilla negli occhi di chi è consapevole che ancora sono possibili scoperte e incantamenti. Barroco Rococò inaugura una nuova stagione creativa: la decorazione non è ornato, né patina superficiale, ma essenza del progetto, che ritrova la magnificenza virtuosa, senza percorrere la via del revival. L’incontro tra i fratelli Campana e la Galleria O., una storia iniziata da poco ma già giunta al suo secondo capitolo (il primo fu Brazilian Baroque con presentazione nelle sale barocche dell’ambasciata brasiliana di Roma nel giugno del 2011), non ha solo prodotti pezzi speciali per invenzione e fattura, ma sancisce anche il risorgere di un rapporto fervido tra designer, artisti e artigiani. Dimostra che il saper fare, anche il più eccellente, necessita di riallacciare un dialogo costruttivo con una creatività libera dai vincoli della tecnica. E rivela che fantasia può diventare sorprendente realtà, se accetta di misurarsi, forzandoli, con i limiti dell’esecuzione. Fernando e Humberto Campana, lavorando gomito a gomito con gli artigiani romani, con generosità di tempo e impegno, hanno prodotto risultati contemporanei in grado di distillare vivide memorie di virtuosismi barocchi. I pezzi esposti al Musée des Arts Décoratifs di Parigi raccontano che per produrre capolavori, dotati dall’aura di quelli classici, non bastano idee folgoranti: ci vuole anche la minuzia e la pazienza del fare con le mani, come rivela la foto di Humberto al lavoro con un artigiano di Via Giulia.