E’ stato uno scambio di esperienze, un momento in cui sono state messe a fuoco differenze e punti comuni tra architetti e designer cinesi e italiani. Ne hanno dibattuto Yang Dongjiang (curatore della mostra Designing China – Mood Object nel Loggiato Ovest dell’Università), Yaoguang Chen e Simone Micheli, Hao Ruan e Marco Piva, Sherman Lin e Giovanni Polazzi di Archea, Frank Jiang, Valerio Maria Ferrari e Fabio Rotella.

La Cina è cambiata negli ultimi decenni, soprattutto dopo l’apertura all’Occidente. E’ migliorata nell’offrire qualità e rimane il paese delle grandi opportunità, dove è possibile realizzare progetti architettonici su ampia scala (Archea, per esempio, sta seguendo un progetto su un’area di circa 110 mila mq, Valerio Mario Ferrari un altro di circa 35 mila mq).

Dagli anni 80 in poi, la Cina ha conosciuto un grande sviluppo del design. E’ partita da zero e, numericamente, ha un grande bacino di architetti e designer. Un design che si è trasformato da tradizionale a moderno, contemporaneo, più sofisticato e raffinato.

Inoltre, la Cina si sta qualificando, i cinesi non vogliono più solo “copiare”, ma soprattutto “capire”, perché l’intelligenza alla fine è vincente. Riprova ne è il fatto che ciò che si salva oggi nell’architettura e nel design, tanto in Cina quanto in Italia e a livello internazionale, sono le opere iconiche, i progetti distintivi, non stereotipati.

E ancora, tra Cina e Italia, oggi, è possibile una collaborazione tra architetti e designer o la via è solo quella della competizione? L’importante è che la competizione, se c’è, rimanga sulla qualità, sul confronto vero tra culture. Sul tentativo di verificare insieme come costruire un processo nuovo e qualitativamente significativo che permetta di mettere sul tavolo valori condivisi per proporli al mondo.

Le differenze restano e sono tante. Ci sono approcci diversi all’architettura e al design. Ma la competitività non ha ragion d’essere, il mercato è grande, ha esigenze diverse, c’è spazio per tutti.

Oggi il nostro paese è il mondo. Non esistono differenze e tanto meno competizione tra creativi, la cui attività deve avere uno scopo comune: realizzare un mondo migliore per chi verrà dopo di noi. E in questo la Cina ha una grande responsabilità, perché ha il più grande mercato al mondo.

Occorre una volontà di interscambio culturale. La cultura cinese e quella italiana sono millenarie. Molti sono i punti in comune. Per migliorare la qualità delle città e delle case in cui si vive. Perché lo scopo comune è fare architettura e fare design per lasciare un’impronta nella società e nella storia.

 

Testo di Danilo Signorello – foto di efrem Raimondi

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Conferenza Designing China ph. Efrem Raimondi
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Conferenza Designing China ph. Efrem Raimondi
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Conferenza Designing China ph. Efrem Raimondi
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Hao Ruan ph. Efrem Raimondi
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Marco Piva ph. Efrem Raimondi
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Fabio Rotella ph. Efrem Raimondi
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Yaoguang Chen ph. Efrem Raimondi
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Frank Jiang ph. Efrem Raimondi
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Giovanni Polazzi ph. Efrem Raimondi
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Sherman Lin ph. Efrem Raimondi